Alzheimer e disturbo cognitivo: “Nuove prospettive di cura”. Il caso lombardo

A Brescia la seconda tappa di una ‘road map multiregionale’, un confronto sulle traiettorie da esplorare per affrontare le sfide

di FEDERICA PACELLA
27 novembre 2024
Demenze senili: prospettive di cura

Demenze senili: prospettive di cura

Con 48 milioni di persone colpite nel mondo, di cui 600mila solo in Italia, l’Alzheimer e la demenza cognitiva si stanno affermando come una delle principali cause di disabilità, con proiezioni che indicano una progressiva crescita, anche in relazione all’invecchiamento della popolazione. 

L’Italia,dal canto suo, ha messo in campo importanti risorse finanziarie, che ora possono essere investite promuovendo la sinergia tra la sanità pubblica, l’assistenza socio-sanitaria e sociale e la ricerca scientifica che, negli ultimi anni, ha fatto importantissimi passi avanti dal punto di vista diagnostico-terapeutico, dell’innovazione e della tecnologia.

Il convegno

Di questo, e molto altro, si è parlato a Brescia in occasione del convegno ‘Nuove sfide per il disturbo cognitivo. Traiettorie da esplorare’. Un incontro, quello organizzato da Motore Sanità, che ha preso spunto dall’azione dell’Intergruppo parlamentare per le Neuroscienze e l'Alzheimer e rappresenta la seconda tappa di un percorso iniziato a Padova che proseguirà su scala regionale coinvolgendo almeno sei tra le Regioni più rilevanti d’Italia.

Si sono confrontati clinici, esperti, stakeholders e rappresentanti delle istituzioni, tutti concordi sul fatto che i sistemi regionali siano chiamati a nuove sfide e sia arrivato il momento di dare risposte, traducendo raccomandazioni e suggerimenti in azioni concrete. 

La ricerca scientifica

La ricerca scientifica ha affrontato numerose sfide nel corso degli anni, con significativi investimenti, perseverando sull'importanza dell’innovazione tecnologica per la diagnosi precoce, per il trattamento delle fasi iniziali della malattia e sull’importanza della riabilitazione cognitiva al fine di contrastare, su molteplici fronti, la progressione della malattia sin dalle sue fasi iniziali.

Integrazione dei percorsi terapeutici

 Alla luce di queste considerazioni, emerge come prioritaria la necessità di una collaborazione sinergica tra il Servizio Sanitario Nazionale e i Sistemi Sanitari Regionali per favorire uniformità di percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali dedicati alle persone con Disturbo Neurocognitivo con l'obiettivo di garantire diagnosi precoce e tempestiva per una presa in carico integrata, multidisciplinare e continuativa. In conclusione, solo unendo gli sforzi della ricerca, della sanità pubblica e dell'assistenza sociale, possiamo sperare di migliorare significativamente la vita dei pazienti e delle loro famiglie, affrontando al contempo le sfide organizzative che questa malattia pone alla nostra attenzione. 

In Lombardia, le persone con diagnosi di demenza sono circa 190mila, di cui 115mila malate di Alzheimer. A queste vanno aggiunte almeno 160mila persone che si stima siano interessate da un declino cognitivo lieve. Ed è su queste ultime che occorre concentrare l’attenzione in un’ottica di diagnosi precoce e prevenzione per ridurre l’impatto della malattia. Le statistiche, infatti, dimostrano che agendo sui fattori di rischio e sui corretti stili di vita, si può ridurre l’incidenza delle patologie neurodegenerative.

L'analisi

Un’analisi dell’Asst di Brescia, ad esempio, ha preso in analisi i dati dal 2003 al 2019, rilevando un aumento assoluto del numero dei casi (da 6.766 nel 2003 a 17.856 nel 2019) dovuto all’invecchiamento della popolazione, ma anche una riduzione dell’incidenza, passata da oltre 3 casi ogni mille abitanti nel 2011 a 2 ogni mille nell’ultimo anno considerato. “Con un miglior controllo dei fattori di rischio e degli stili di vita – ha spiegato Alessandro Padovani, direttore Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Brescia e presidente della Società Italiana di Neurologia – a parità di persone che si ammalano, c’è una riduzione dell’incidenza. Questo dato si riscontra in molti Paesi, e sottolinea l’importanza della prevenzione”.

Delle 160mila persone con declino cognitivo lieve, secondo le stime, oltre 50mila risiedono in provincia di Milano, 19mila in provincia di Brescia, quasi 17mila a Bergamo. E poi: 14mila e 500 a Varese, 13.800 in provincia di Monza e Brianza, 9.600 a Como, 9.000 a Pavia, 6.600 a Mantova, 5.900 a Cremona, 5.500 a Lecco, poco più di 3.000 in provincia di Sondrio. 

I soggetti over 65 con demenza, secondo le stime, sono così suddivisi nelle province lombarde: 18.381 a Bergamo, 22.044 a Brescia, 11.347 a Como, 7.118 a Cremona, 6.492 a Lecco, 3.855 a Lodi. E poi: 8.061 a Mantova, 62.242 a Milano, 16.078 Monza e Brianza, 11.115 a Pavia, 3.551 a Sondrio, 17.489 a Varese. Questi numeri sono destinati ad aumentare considerando il progressivo invecchiamento della popolazione registrato negli ultimi anni, con crescente impatto della patologia sul sistema sanitario e sul carico socioassistenziale.

Alparone: “Diagnosi precoce fondamentale”

“Quella dell’Alzheimer e delle malattie neurodegenerative”, ha detto Marco Alparone, vicepresidente e assessore al Bilancio della Regione Lombardia, “è una sfida importante che dobbiamo vincere insieme. Una sfida a fare prima e a fare meglio, confrontandoci sui processi e sulla presa in carico della malattia”. In questo senso, “il tema della diagnosi precoce è assolutamente fondamentale per garantire qualità di vita ai nostri cittadini”. Riuscire a fare una presa in carico precoce del disturbo neurocognitivo e della malattia di Alzheimer vuol dire permettere ai pazienti e ai loro famigliari di condurre una vita più lunga, in salute”. 

“Oggi – ha sottolineato Alparone – possiamo contare sull’innovazione tecnologica e sull’accesso a tutte quelle terapie farmacologiche innovative che ci permettono di ridurre il decorso della malattia attraverso la presa in carico territoriale”. Secondo l'assessore regionale alla Sanità, Guido Bertolaso, "il positivo allungamento della vita comporta anche alcune problematiche come la cronicità e la inevitabile degenerazione del nostro organismo. Ecco perché siamo molto impegnati sulla prevenzione, soprattutto per quello che riguarda nuove regole e nuovi approcci agli stili di vita. Devono essere sicuramente individuati nuovi percorsi, nuove procedure, nuovi sistemi anche per quello che riguarda l’accesso ai servizi di una platea di persone destinata ad aumentare in modo esponenziale. Dobbiamo quindi rivedere tutte quelle che sono le problematiche della presa in carico e dei nuovi metodi di approccio e di assistenza. Sono fermamente convinto – ha proseguito - che dobbiamo individuare tutte le modalità che possano consentire anche alle persone con gravi problemi di demenza senile o legate a una situazione degenerativa una modalità di assistenza e di aiuto adeguata”. 

Quali sono le prospettive di cura?

“Le traiettorie per il futuro – ha spiegato il Padovani – sono strettamente correlate alla messa a terra e alla implementazione di Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali aziendali. Va poi realizzata l’integrazione dei Centri per i disturbi cognitivi e demenze all’interno di una filiera che sia funzionale alle attività previste per la continuità delle cure per la deospedalizzazione delle attività. Occorre inoltre valorizzare la telemedicina e realizzare un vero e proprio registro dei nuovi casi in modo da valutare eventuali interventi per terapie innovative, non farmacologiche e farmacologiche”.

Terapie, ha concluso Padovani, “che stanno per arrivare. E mi aspetto che, entro la fine del 2025, vengano identificati alcuni centri in Lombardia per cominciare a testarne e monitorarne gli effetti”. “La Lombardia – ha detto il direttore scientifico di Motore Sanità, Claudio Zanon – è già un benchmark, e lo scopo dell’evento di oggi è quello di individuare punti di forza e criticità”. Tra le azioni intraprese, la creazione, a partire dal 2019 del “tavolo delle neuroscienze”, nel cui ambito è stato definito un tavolo dedicato a cefalee, Parkinson e demenze. Il tavolo tecnico delle demenze ha costituito il comitato per la definizione del Pdtar, tutt’ora attivo per portare a termine una serie di progettualità relative anche al fondo nazionale per le demenze. “I disturbi neurocognitivi - ha sottolineato Zanon - si configurano come una priorità di sanità pubblica che richiede l’implementazione di interventi diagnostici e terapeutici precoci con l’obiettivo di rallentare il decorso e prendere in carico tempestivamente. È fondamentale un approccio multidisciplinare e multiprofessionale trasversale nella gestione del paziente con disturbo cognitivo, valutando l’istituzione di un tavolo permanente di confronto a livello regionale o un Intergruppo per monitorare l’implementazione del Pdtar e favorire una rete integrata”.