Tumore alla prostata, la risonanza multiparametrica rivoluziona la diagnosi
Intervista al professor Francesco De Cobelli, primario di Radiologia e ordinario all’Università Vita-Salute San Raffaele: “L’mpMRI consente di ridurre biopsie inutili e interventi non necessari”
Novembre è il mese dedicato alla prevenzione maschile e, in questo contesto, il tumore alla prostata emerge come uno dei principali temi di sensibilizzazione. La risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI) ha trasformato radicalmente l’approccio diagnostico, diventando uno strumento indispensabile per identificare con precisione tumori prostatici clinicamente significativi.
“L’mpMRI – spiega il professor Francesco De Cobelli, primario di Radiologia e ordinario all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – è una tecnica non invasiva che consente di escludere la presenza di un tumore in oltre il 90% dei casi di esame negativo. Questo evita al paziente di sottoporsi a biopsie invasive, che oggi vengono effettuate solo se l’esame rileva aree sospette”.
Il tumore alla prostata è il più diffuso tra gli uomini, ma non tutti i casi necessitano di intervento chirurgico o radioterapia. L’mpMRI gioca un ruolo cruciale non solo nella diagnosi, ma anche nel monitoraggio dei pazienti, con un approccio che punta alla personalizzazione delle cure e alla riduzione degli effetti collaterali. Scopriamo come questa innovazione sta cambiando il panorama della medicina diagnostica e della prevenzione.
Professor De Cobelli, riguardo alla prevenzione del tumore alla prostata, quale ruolo riveste la risonanza magnetica multiparametrica? In che modo questa tecnica sta cambiando il panorama diagnostico e dove ci sta portando?
“Prima di tutto è importante distinguere tra screening e diagnosi. Lo screening si riferisce a un approccio sistematico per individuare malattie in una popolazione apparentemente sana. Tuttavia, stiamo assistendo a un'evoluzione anche in quest’ambito. Ad esempio, nel Regno Unito è stato avviato un programma di screening basato sulla risonanza magnetica multiparametrica, e in Lombardia è stato avviato un programma simile per soggetti ad alto rischio”.
La risonanza magnetica multiparametrica è quindi un pilastro in questo contesto. Può spiegare perché è così importante?
“Quando parliamo di diagnosi di sospetto tumore prostatico, il primo step è il dosaggio del PSA, un esame che però non è specifico per il tumore: il valore può aumentare anche per condizioni benigne come ipertrofia prostatica o prostatiti. In passato, in caso di PSA elevato si procedeva con biopsie random, un metodo invasivo e meno preciso. Ora, invece, si esegue una risonanza magnetica multiparametrica, che è una tecnica non invasiva e altamente efficace”.
Quali sono i vantaggi concreti per il paziente?
“Innanzitutto, la risonanza magnetica oggi viene eseguita senza sonda endorettale, rendendo l’esame molto più confortevole. Inoltre, ha un valore predittivo negativo superiore al 90%: se l’esame è negativo, è altamente probabile che il paziente non abbia un tumore significativo, ovvero un tumore clinicamente rilevante per aggressività o caratteristiche istologiche. Se, invece, l’esame è positivo, la risonanza non solo consente di sospettare il tumore, ma guida anche la biopsia, che diventa mirata alla lesione identificata”.
Questo rientra nel concetto di “sorveglianza attiva”?
“Non esattamente. La sorveglianza attiva si applica a pazienti già diagnosticati con tumori a basso rischio, come quelli con un punteggio di Gleason 3+3. In questi casi, non si interviene subito con chirurgia o radioterapia, ma si monitora il paziente nel tempo, con controlli regolari di PSA e risonanze magnetiche annuali. Questo approccio evita trattamenti invasivi non necessari e le relative complicanze, mantenendo sotto controllo l’evoluzione del tumore”.
Quanto è diffuso l’utilizzo della risonanza multiparametrica in Italia?
“È in crescita. Solo nel nostro centro eseguiamo circa 1.000 risonanze prostatiche all’anno, e la richiesta è in aumento. Tuttavia, è fondamentale che l’esame venga eseguito in centri di riferimento con radiologi esperti e secondo linee guida precise, come quelle basate sul sistema PI-RADS, che classifica la probabilità di tumore in cinque categorie”.
Questa tecnologia è applicabile anche ad altri tipi di tumori?
“La risonanza multiparametrica è utilizzata anche per diagnosi di tumori della vescica, del rene e di altri organi. È uno strumento versatile che fornisce informazioni biologiche preziose”.
Quanto dura oggi una risonanza multiparametrica?
“Tra 20 e 30 minuti. Dopo l’esame, il paziente può tornare subito alla sua routine quotidiana. Per lo screening, si sta anche valutando l’utilizzo della risonanza biparametrica, che non richiede mezzo di contrasto e offre un valore predittivo negativo simile alla multiparametrica, rendendola più adatta a programmi su larga scala”.
Abbiamo toccato molti punti. C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?
“Un’ultima considerazione: è fondamentale diffondere la cultura della prevenzione maschile. Conoscere gli strumenti a disposizione e agire tempestivamente può fare la differenza”.
Chi è Francesco De Cobelli
Primario di Radiologia all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, il professor Francesco De Cobelli è docente all’Università Vita-Salute San Raffaele. Specialista in radiodiagnostica e con esperienze formative anche negli Stati Uniti, guida numerosi progetti di ricerca e trial clinici nel campo dell’imaging diagnostico e della radiologia interventistica oncologica. Ha contribuito con 212 pubblicazioni scientifiche e libri, ottenendo un H-index di rilievo. Negli ultimi anni si è concentrato su radiomica e imaging per i tumori solidi. È stato recentemente eletto presidente del gruppo lombardo della SIRM per il biennio 2025-2026.