Tumore alla prostata, arriva #Movember. Montorsi: “Ecco chi è a rischio e come prevenirlo”
Novembre è il mese dedicato alla salute maschile, focus su prevenzione e cure avanzate. I consigli di Francesco Montorsi, il primario del San Raffaele che operò Berlusconi: “Se la diagnosi è precoce, la guarigione è garantita”
Novembre è il mese dedicato alla salute maschile. #Movember, che prende il nome dall’unione delle parole “Moustache” (baffi) e “November”; è il movimento che durante questo periodo, coinvolge uomini di tutto il mondo (chiamati “Mo bro”) che si fanno crescere i baffi per raccogliere fondi e sensibilizzare l’opinione pubblica su temi come il carcinoma della prostata e altre patologie maschili.
Abbiamo intervistato il professor Francesco Montorsi, primario di Urologia e ordinario di Urologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, per approfondire il tema del tumore alla prostata, parlare di prevenzione e delle nuove tecniche di intervento mini-invasivo come il robot Da Vinci SP (single port).
Professore quanto è diffuso in Italia il tumore alla prostata e quali sono i principali fattori di rischio?
“Il tumore alla prostata è il principale tumore che colpisce la popolazione maschile. La buona notizia è che, se diagnosticato precocemente, può essere curato efficacemente. Il percorso di prevenzione è semplice consiste in un esame del sangue, l’antigene prostatico specifico (PSA), che andrebbe fatto una volta l’anno a partire dai 50 anni. Questo esame, insieme a una valutazione da parte del medico di famiglia o dello specialista, aiuta a monitorare la salute della prostata”.
Quali sono i valori del PSA che richiedono attenzione?
"I valori del PSA variano con l’età. Prima dei 50 anni, dovrebbe essere intorno a 1; dai 50 ai 60 anni, sotto i 2; dai 60 ai 70 anni, inferiore a 3; e oltre i 70 anni, sotto i 4. Questi limiti derivano da studi condotti su decine di migliaia di pazienti in Scandinavia. Studi che hanno tracciato l’andamento del PSA negli anni hanno permesso di stabilire questi parametri di normalità”.
Quindi un PSA più alto non significa necessariamente tumore?
“Esattamente. Un PSA elevato non implica necessariamente un tumore; potrebbe essere legato anche a un ingrossamento benigno della prostata o a un’infiammazione. In questi casi, l’esame successivo è la risonanza magnetica multiparametrica, che è del tutto non invasiva e aiuta a individuare eventuali zone sospette”.
Qual è la frequenza consigliata per il controllo?
“Dipende dal valore del PSA: se molto basso, inferiore a 1, si può ripetere dopo 5 anni. Man mano che il PSA cresce, la frequenza dei controlli si riduce. In generale, con un PSA basso il paziente può stare tranquillo”.
E la percentuale di guarigione oggi?
“Se la diagnosi avviene in fase precoce, la guarigione è garantita. Non tutti i casi richiedono trattamenti invasivi. Esistono approcci come la sorveglianza attiva, dove si monitorano tumori poco aggressivi, e la terapia focale, una tecnica minimamente invasiva che colpisce solo la zona interessata. In caso di tumore più avanzato, la chirurgia robotica e la radioterapia sono entrambe valide opzioni con ottime prospettive di guarigione”.
Il ruolo del medico di base è sempre fondamentale?
“Assolutamente, ma anche delle istituzioni. Regione Lombardia lancerà uno screening gratuito per tutti gli uomini dai 50 ai 70 anni, simile a quelli già attivi per il sangue occulto e la mammografia. Il PSA sarà offerto gratuitamente, supportato dal medico di base per sensibilizzare ulteriormente i pazienti”.
La chirurgia robotica rappresenta oggi la principale soluzione per il trattamento del tumore alla prostata. L’ultima generazione è rappresentata dal robot Da Vinci SP (Single-Port). Ci può spiegare i miglioramenti?
“É un passaggio fondamentale. Da vent’anni, l’avanguardia della terapia chirurgica per il tumore alla prostata è rappresentata dalla robotica, che offre grandi vantaggi in termini di minima invasività rispetto alla chirurgia tradizionale. Non solo permette di curare efficacemente la malattia, ma preserva anche funzioni importanti per i pazienti, come la continenza urinaria e la sessualità. Negli ultimi cinque anni, abbiamo assistito a una nuova evoluzione con il sistema “Single-Port”. A differenza delle tecniche precedenti, in cui erano necessari sei piccoli accessi, ora si utilizza un’unica apertura miniaturizzata attraverso la quale passano tutti gli strumenti robotici, che permettono di effettuare la stessa operazione, come la rimozione della prostata”.
Quindi questo sistema riduce ulteriormente l’invasività?
“Esattamente. Con il Single-Port, molti pazienti operati possono tornare a casa già il giorno dopo l’intervento. È una tecnica che non può essere utilizzata su tutti i pazienti, ma in molti casi ha rappresentato un ulteriore passo avanti verso interventi sempre meno invasivi”.
Il sistema Single-Port è utilizzabile solo per il trattamento dei carcinomi alla prostata?
“La chirurgia Single-Port per la prostata viene impiegata sia per trattare il tumore sia per rimuovere grosse prostate benigne che causano difficoltà urinarie. Inoltre, sta trovando applicazione anche in alcuni tumori renali e in malformazioni congenite a livello renale. Tuttavia, non è adatta a tutti i casi: ad esempio, se la prostata è molto grande o se è necessaria la rimozione di linfonodi, è più indicata la tecnica Multi-Port. Nella maggior parte dei casi, però, oggi la Single-Port ha un’indicazione molto interessante”.
Nel 1997 ha operato Silvio Berlusconi, rimuovendo un tumore maligno alla prostata. Il fatto rimase segreto fino a quando Berlusconi stesso rivelò pubblicamente l’accaduto. All’epoca, l’intervento fu eseguito con chirurgia tradizionale. Cosa è cambiato da allora a oggi?
“Berlusconi fu operato con la migliore tecnologia disponibile all’epoca e ottenne un ottimo risultato, come dimostrano i molti anni di vita attiva che seguirono. Oggi, la stessa operazione può essere effettuata con un approccio molto meno invasivo, che permette di restare in ospedale per meno tempo e di riprendere rapidamente la vita sociale e lavorativa. Non è affatto una banalità: allora Berlusconi rimase ricoverato una settimana, mentre oggi, con la tecnologia Single-Port, molti pazienti possono tornare a casa il giorno successivo”.
Ricorda qualcosa di particolare di quell’intervento?
“Berlusconi dimostrò in quei giorni, certamente delicati per lui, una cordialità e simpatia che colpivano tutti noi. Era estremamente affettuoso con chi lo curava, una persona di grande intelligenza. Il messaggio che suggerisce è di non considerare la prostata come un nemico. E’ una parte del corpo con cui bisogna convivere, e se c’è qualche problema, non bisogna nasconderlo. Oggi ci sono tantissime possibilità di risolvere queste patologie e vivere bene”.
Chi è Francesco Montorsi
Primario di Urologia all’IRCCS San Raffaele di Milano e docente all’Università Vita-Salute San Raffaele, il professor Francesco Montorsi, è tra i maggiori esperti mondiali di Urologia. Con oltre 10.000 interventi e più di 1.400 articoli pubblicati, la sua ricerca si concentra sui tumori urologici, disfunzioni sessuali e chirurgia robotica. Ha diretto European Urology come Editor-in-Chief dal 2006 al 2013 e ricevuto numerosi premi internazionali, tra cui il Crystal Matula Award. Nel 2016 è stato nominato Commendatore della
Repubblica Italiana.