Simone Cristicchi e la malattia che fa ‘tornare bambini’: l’esperta spiega cos’è

L’intervista a Federica Agosta del San Raffaele a partire dal dramma raccontato nella canzone ‘Quando sarai piccola’ di Sanremo 2025

di Redazione Salus
15 febbraio 2025
Simone Cristicchi e la compagna Amara sul palco dell'Ariston a sanremo 2025

Simone Cristicchi e la compagna Amara sul palco dell'Ariston a sanremo 2025

Cosa succede quando il decadimento cognitivo e motorio riporta gli anziani a diventare bambini? Da genitori a figli dei propri figli. È una situazione che in tanti hanno vissuto o stanno vivendo sulla propria pelle ed è anche per questo che l’intensità emotiva di ‘Quando sarai piccola’ – la canzone portata a Sanremo da Simone Cristicchi – ha colpito l’Italia intera. 

Tra note e parole, Cristicchi ha parlato al cuore di tutti noi, raccontando il dramma della madre Luciana. Lui, che da sempre usa l’arte per parlare delle fragilità, questa volta parla di sè e della mamma che, colpita da un’emorragia cerebrale nel 2012, è “tornata bambina” a soli 63 anni.

Ma cosa significa esattamente il decadimento cognitivo? Ce ne parla la professoressa Federica Agosta, group leader dell'Unità di Neuroimaging delle malattie neurodegenerative dell'IRCCS Ospedale San Raffaele e associata di Neurologia presso l'Università Vita-Salute San Raffaele.

Dottoressa, quali sono le cause del decadimento cognitivo? 

“Le malattie cerebrovascolari acute, come l’emorragia cerebrale, sono eventi che si verificano in pochi minuti, ma le loro conseguenze possono manifestarsi nei mesi o negli anni successivi, contribuendo al decadimento cognitivo e motorio. Il sanguinamento può, infatti, danneggiare specifiche aree cerebrali e compromettere le funzioni cognitive ad esse associate. Oltre agli eventi acuti, ischemici e/o emorragici, esistono forme croniche di patologia cerebrovascolare. L’accumulo progressivo di piccole lesioni vascolari nella sostanza bianca cerebrale, nel tempo, può compromettere le capacità cognitive. Si è osservato che, quando più del 30% della sostanza bianca è interessato da lesioni vascolari, l’impatto è significativo”. 

Oltre alle patologie vascolari, quali sono le malattie neurodegenerative? 

"La più frequente nell’anziano è la malattia di Alzheimer, responsabile di circa il 60% dei casi di decadimento cognitivo. Le malattie cerebrovascolari croniche rappresentano, invece, il 15-20% casi. Una quota minoritaria del 10-15% è rappresentata da altre malattie neurodegenerative dello spettro della demenza a corpi di Lewy e delle demenze frontotemporali. Alcune forme di deficit cognitivo possono essere reversibili, specialmente se legate ad alterazioni metaboliche, squilibri ormonali, carenze vitaminiche o disturbi dell’umore. Infine, esistono cause infettive e infiammatorie che possono determinare un decadimento cognitivo ad esordio acuto, analogamente all’emorragia cerebrale. Tra queste, le encefaliti infettive e le encefaliti autoimmuni rappresentano due categorie rilevanti da considerare nella diagnosi differenziale".

Come si manifesta il decadimento cognitivo?

“Le alterazioni cognitive del paziente dipendono strettamente dalla regione cerebrale colpita dalla malattia di base, che sia un ictus, una patologia vascolare cronica o una malattia neurodegenerativa. Un danno del lobo temporale porta, ad esempio, a deficit di memoria recente, con difficoltà nell’apprendere e ricordare nuove informazioni. Con la progressione del disturbo, anche i ricordi più remoti possono svanire, compromettendo la memoria episodica (eventi vissuti) e la memoria semantica (conoscenze generali). Se ad essere interessato dalla malattia è l’emisfero dominante (il sinistro nella maggior parte delle persone), il paziente può sviluppare afasia espressiva (difficoltà a parlare o scrivere) o afasia di comprensione (difficoltà a comprendere ciò che ascolta o legge). Nei casi più gravi, entrambi gli aspetti sono compromessi. Un danno che coinvolga il lobo frontale può causare apatia, con perdita di iniziativa e interesse, oppure disinibizione, con atteggiamenti inappropriati, linguaggio inadeguato o reazioni emotive fuori contesto, come ridere o piangere senza motivo”

Il coinvolgimento del sistema motorio varia in base alla patologia?

“Nella malattia di Alzheimer, i disturbi motori compaiono solo nelle fasi avanzate, mentre nella demenza a corpi di Lewy e nella demenza frontotemporale, problemi di equilibrio, rigidità e rallentamento motorio possono presentarsi fin dall’inizio della malattia. Nel caso di un ictus ischemico o emorragico, il deficit motorio si associa spesso al deterioramento cognitivo”.

Quali speranze dalla ricerca?

"Le malattie neurodegenerative sono ad oggi irreversibili. Si utilizzano terapie sintomatiche che vanno a potenziare, per quanto possibile, il funzionamento dei circuiti cerebrali. Non agiscono sulla progressione di malattia, ma almeno nelle fasi iniziali, rallentano la progressione del sintomo. Si va poi ad intervenire, eventualmente, anche con terapia riabilitativa della funzione cognitiva colpita, quindi della memoria, del linguaggio, ma anche riabilitativa motoria, che si è dimostrato possa favorire anche la funzione cognitiva di questi pazienti. Fortunatamente, si stanno sperimentando farmaci innovativi. Nella malattia di Alzheimer, la ricerca è più avanti rispetto alle altre malattie neurodegenerative: negli Stati Uniti, e in altri paesi del mondo, sono stati approvati due anticorpi monoclonali, che sono le prime terapie che agiscono direttamente sull’accumulo della proteina amiloide, considerata tra le cause della malattia. Questi anticorpi, ad oggi, non sono ancora rimborsati dal Sistema Sanitario Nazionale Italiano, ma all’IRCCS Ospedale San Raffaele vengono già somministrati seguendo le indicazioni dell’FDA americana e nel pieno rispetto della normativa vigente”.

E per le malattie vascolari?

"Nel caso delle malattie vascolari, si agisce sulla correzione dei fattori di rischio - ipercolesterolemia, trigliceridi, ipertensione arteriosa, diabete – oltre che sull'utilizzo di farmaci antiaggreganti, come ad esempio l'aspirina, che riducono il rischio di comparsa di nuove lesioni. La riabilitazione motoria e cognitiva, anche in questo caso, gioca un ruolo fondamentale nella gestione dei sintomi”.