Sandro Ardizzone: farmaci biologici e idratazione toccasana per l'intestino
Le raccomandazioni dello specialista: segnalare al medico dolori strani alla pancia, problemi digestivi, irregolarità
Quante tensioni si scaricano tra stomaco e intestino. Gonfiore addominale e costipazione assillano tantissime persone. Talvolta ci impressioniamo, come quando spuntano fuori tracce di sangue nelle feci. Come interpretare tutti quei segnali di sofferenza e quando è bene rivolgersi al medico? Ne parliamo con Sandro Ardizzone, direttore della gastroenterologia ed endoscopia digestiva presso l’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli Sacco, Università di Milano. La tentazione, nel colloquio con un clinico, sarebbe quella di lasciarsi prendere la mano dalle patologie complesse. Crohn e colite ulcerosa, ad esempio, sono malattie infiammatorie croniche dell’intestino (MICI) che impegnano i ricercatori, sempre a caccia di terapie che possano segnare un passo avanti. Ma prima di addentrarci in materie per addetti ai lavori partiamo dai fondamentali.
Lei è stato più volte ospite in tv a Elisir, quali temi vengono sollevati dal pubblico che interviene nei programmi televisivi?
«Sono tanti i temi che arrivano alla nostra attenzione: diverticoli del colon, reflusso esofageo, intestino irritabile, nutrizione e microbiota».
Quali segni destano maggiore preoccupazione?
«Di solito sono cose molto comuni, ad esempio un dolore strano alla pancia che prima non c’era, la digestione difficile, una certa fatica a deglutire. Sono sintomi che il medico deve valutare e inquadrare in modo razionale, allo scopo di evitare esami inutili, e individuare al più presto le cause di tanti disturbi, come l’irregolarità intestinale, che è uno dei più frequenti».
Quali le cause più comuni della stitichezza?
«La stipsi spesso è legata agli stili di vita, ai ritmi frenetici. Si mangia male, si beve poca acqua, la sedentarietà prende il sopravvento quando invece si dovrebbe propendere per l’esercizio fisico, da fare con costanza anche tutti i giorni».
Cosa consiglierebbe, come alimentazione, al fine di ripristinare una sensazione di benessere?
«Per prima cosa che il nostro organismo ha un fabbisogno giornaliero di liquidi (due litri), la prima raccomandazione è quella di bere acqua in abbondanza. L’intestino ha anche bisogno di scorie, di fibre, cinque prese di frutta e verdura sarebbero un toccasana, ma chi rispetta questi precetti? Una dieta mediterranea equilibrata sarebbe l’ideale».
C’è sempre grande fervore attorno al microbiota. Perché siamo così interessati alla composizione della flora batterica?
«L’attenzione al microbiota intestinale si giustifica perché la disbiosi, lo squilibrio le colonie batteriche che albergano sulle mucose, partecipa a una lunga serie di meccanismi di malattia. Ma siamo ancora agli albori nel tentativo di comprendere il funzionamento complesso del microbiota intestinale, e di poter modificare con i probiotici la composizione».
Veniamo a temi più impegnativi, le malattie croniche infiammatorie.
«Qui si sono avuti importanti progressi nelle terapia, ma la strada verso la soluzione definitiva richiede è ancora lunga, perché molte affezioni faticano a guarire e si complicano. Un approccio multisciplinare ha portato a coinvolgere più figure specialistiche: chirurgo, radiologo, ecografista, pediatra, oculista, reumatologo e nutrizionista, oltre al gastroenterologo quale figura di riferimento».
Quali sono le dimensioni del fenomeno?
«Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino sono patologie di origine tuttora imprecisata, possono insorgere anche in età pediatrica, con un picco di incidenza tra i 20 e i 30 anni e vanno avanti per tutta la vita».
I sintomi più comuni?
«Possiamo avere diarrea, sanguinamento digestivo, dolore addominale, calo di peso, febbre, ma possono essere presenti anche lesioni cutanee, articolari e disturbi della vista».
Che cosa fare per queste malattie che indeboliscono la parete intestinale e provocano tanta sofferenza?
«Un tempo l’unica soluzione era la chirurgia, che soprattutto per i pazienti con malattia di Crohn può rendersi necessaria anche più volte nel corso della propria esistenza. Con gli anni sono venute alla ribalta terapie che bloccano l’infiammazione in modo mirato: sono i farmaci biologici, quali l’infliximab, l’adalimumab, il golimumab, il vedolizumab, ustekinumab, tofacitinib e più in generale, gli anti-JAK».
Come agiscono questi medicamenti?
«Questi farmaci interagiscono selettivamente sui meccanismi che promuovono l’infiammazione, bloccando la naturale progressione della malattia e limitando i danni sull’organismo. L’introduzione di questi farmaci ha permesso di affrontare più precocemente le forme aggressive di malattia consentendo trattamenti efficaci e sicuri, e con un netto miglioramento della qualità di vita».
Note biografiche
Sandro Ardizzone dirige l’unità operativa complessa di gastroenterologia endoscopia digestiva della A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco di Milano, e il centro malattie infiammatorie croniche intestinali collegato. Presiede la sezione lombarda della Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva. Autore di oltre duecento pubblicazioni in lingua inglese e capitoli di libri.
Ecografia, endoscopia e test ematochimici nelle infiammazioni croniche intestinali
Un test come la ricerca del sangue occulto, l’ecografia addominale, esami come l’endoscopia digestiva (gastrosopia, colonscopia) si sono rivelati fondamentali non solo nella diagnosi precoce del tumore del colon-retto, o del carcinoma dello stomaco. Occorre fare più prevenzione. C’è poi un asse tra intestino e cervello che merita di essere indagato a fondo. Sono alcuni dei temi trattati recentemente al congresso dell’Italian Group For The Study Of Inflammatory Bowel Disease (IG-IBD). «Circa 250 mila persone in Italia sono affette da Crohn, colite ulcerosa e altre affezioni analoghe, questo numero è destinato a raddoppiare entro i prossimi sette otto anni», avverte Flavio Caprioli, segretario generale del Gruppo italiano per lo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali IG-IBD. «Si tratta di patologie su base immunitaria. Al giorno d’oggi fortunatamente è possibile migliorare la prognosi nei pazienti con malattia di Crohn grazie a nuovi approcci terapeutici sempre più efficaci».