Malattie respiratorie: impatto, rischi ambientali e nuove terapie
Ecco l’impatto di virus sinciziale, covid e altre patologie dell’apparato respiratorio spiegato da Stefano Nava, primario di reumatologia del Policlinico Sant'Orsola di Bologna
“Il Covid ha sollevato un velo, mostrando quanto le malattie legate all’apparato respiratorio siano impattanti nella nostra società!. Non ha dubbi Stefano Nava, direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia e Terapia Intensiva Respiratoria del Policlinico Sant’Orsola di Bologna e professore ordinario dell’Università Alma Mater Bologna. In effetti ora si parla più spesso di questo tipo di patologie. "Ed è un bene. Pensi che l’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha piazzato ben quattro malattie respiratorie tra le prime sette cause di morte".
E quali sono?
"Al terzo posto c’è la broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), quella che comunemente chiamiamo bronchite cronica o enfisema. Al quarto posto c’è la polmonite, al quinto i tumori polmonari e al settimo posto c’è la tubercolosi. Ma i dati ci raccontano anche altro".
Cioè?
"Ad esempio che l’asma bronchiale è la terza malattia cronica più frequente al mondo".
È così diffusa anche in Italia?
"Non abbiamo numeri precisi, ma le stime ci dicono che sono tre milioni i soggetti asmatici nel nostro Paese".
A proposito di malattie dell’apparato respiratorio, negli ultimi tempi si parla molto di virus sinciziale soprattutto per quanto riguarda i bambini.
"Il virus sinciziale è la causa principale della bronchiolite e della polmonite nei bambini di età inferiore ai due anni, ma il virus può colpire pure gli adulti. Questo dimostra che il nostro albero bronchiale è la parte più esposta del nostro corpo, ma non solo alle infezioni virali, anche alle batteriche. Tutto ciò che inaliamo, aria compresa, passa da lì".
Dunque esistono dei fattori di rischio legati all’ambiente nel quale viviamo?
"Certamente, l’ambiente influisce pesantemente sulla possibilità di ammalarci soprattutto per quanto riguarda le patologie respiratorie".
Immagino faccia riferimento al problema dell’inquinamento e delle cosiddette polveri sottili.
"Sì, ma non solo. È dimostrato scientificamente che vivere in luoghi con un forte livello di inquinamento peggiora lo stato di salute di chi ha patologie, tuttavia ci sono altri fattori di rischio. Come abitare in posti troppo affollati, cosa che abbiamo visto accadere con gli immigrati, specie se clandestini. Poi c’è l’obesità. E infine non dimentichiamo il fumo da sigaretta".
Contro quello passivo, però, l’Italia è stata molto attiva.
"Sebbene l’Italia sia un paese virtuoso che ha approvato leggi finalizzate anche a ridurne il consumo, i dati ci dicono che il tabagismo è ancora molto diffuso tra i giovani, soprattutto tra le ragazze. Un report dell’OMS del 2018 ha rivelato che almeno 1 minore su 10 nel mondo è tabagista abituale e che il 47% del teenager fuma occasionalmente".
Adesso si sono aggiunte le sigarette elettroniche. Quanto fanno male ai nostri polmoni?
"Purtroppo è passato troppo poco tempo dalla loro diffusione per avere degli studi validi come invece li abbiamo per le sigarette tradizionali. Nel 2019 c’è stato un caso piuttosto eclatante negli Usa: circa duemila ragazzi furono ricoverati per danno collaterale da svapo. La verità è che il ‘sistema chiuso’, ossia le sigarette elettroniche già pronte all’uso non appena vengono montate e caricate, è abbastanza sicuro. Quello a ‘sistema aperto’ meno, visto che spesso online si acquista un po’ di tutto".
Tornando ai fattori di rischio, ce ne sono altri?
"C’è l’utilizzo incongruo degli antibiotici".
Prego?
"Abusare degli antibiotici non fa bene. Spesso vengono assunti inutilmente per patologie che possono risolversi con medicinali molto più blandi. E anche noi medici abbiamo colpa se assecondiamo troppo i pazienti. Soprattutto perché poi si sviluppa una resistenza agli antibiotici come è avvenuto nel caso dei fluorochinoloni, antibiotici molto efficaci nella cura di alcuni tipi di polmoniti ma che nel giro di un decennio hanno sviluppato una resistenza del 30%".
A proposito di cure, lei è stato un pioniere in quella della Bpco con la cosiddetta “dialisi polmonare”. Di cosa si tratta in particolare e a che punto siamo con la sua sperimentazione?
"La Bpco porta all’insorgenza di un’insufficienza respiratoria con diminuzione dell’ossigenazione e accumulo di anidride carbonica nel sangue del paziente. Questa dialisi polmonare consiste nella rimozione extracorporea di CO2, prevenendo così la necessità di ricorrere alla ventilazione meccanica non invasiva. La tecnica, sviluppata con il professore Vito Marco Ranieri, ha dato buoni risultati ma siamo ancora in una fase molto sperimentale per cui non è applicabile se non in centri iper specializzati. Ci vorrà ancora tempo, ma potrebbe dare buoni risultati in futuro".
Quali sono le cure più efficaci per i pazienti con gravi patologie respiratorie?
"Esistono cure molto efficaci per i malati acuti, cioè quei pazienti che hanno una insufficienza di organo. Il Sant’Orsola di Bologna è tra i centri più all’avanguardia in Italia nei sistemi di supporto respiratorio non invasivo, come ad esempio gli alti flussi nasali umidificati di ossigeno anche noti come ossigenoterapia ad alti flussi tramite nasocannule. Stessa cosa si può dire per la ventilazione meccanica non invasiva che ha ridotto notevolmente il numero dei ricoveri in terapia intensiva. Per i malati cronici la terapia medica è più indietro, ma può comunque migliorare la qualità della vita".