Liliana Dell’Osso: Stress, ansia e depressione: i segnali d’allarme da valutare subito”

I disturbi mentali stanno per superare le patologie cardiovascolari. A parlarne è la presidente della Società Italiana di Psichiatria

di OLGA MUGNAINI -
24 ottobre 2024
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Liliana Dell'Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria

I disturbi mentali stanno per superare le patologie cardiovascolari. Depressione e altre patologie psichiche saranno le più diffuse nel mondo già prima del 2030, anno in cui l’Organizzazine Mondiale della Sanità (Oms), aveva stimato il ‘sorpasso’.

I numeri sono stati aggiornati in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, che si è celebrata pochi giorni fa, e che ha posto al centro l’intreccio tra lavoro, società e salute mentale. A spiegare il perché del forte aumento del disagio mentale negli ultimi dieci anni, è la professoressa Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP).

Professoressa Dell’Osso, che cosa sta succedendo? C’è più capacità di diagnosi o le persone sono in assoluto più malate rispetto al paassato?

"Le ragioni possono essere diverse. In primo luogo, l’attenzione verso i disturbi mentali è straordinariamente accresciuta rispetto al passato, anche grazie ai progressi in ambito psicofarmacologico. Si sono moltiplicate campagne la prevenzione e l’educazione verso la sofferenza psichica: dunque la sensibilità della popolazione è aumentata ed è più facile che un disturbo mentale giunga all’attenzione clinica. In questo contesto, è difficile parlare di un incremento assoluto di disturbi mentali, anche se è vero che lo stress dovuto alla criticità della situazione socio-economica del Paese possa favorire il sorgere di disturbi latenti in soggetti predisposti”.

Ci parli del lavoro: sembra un fattore di rischio per chi non ce l’ha, ma anche per chi è occupato senza le giuste condizioni.

“Esatto. La disoccupazione, la precarietà lavorativa, l’instabilità finanziaria sono tutte condizioni che aumentano, peraltro, anche il rischio suicidi. Purtroppo a seguito della crisi economica le possibilità lavorative si sono ridotte e, quando disponibili, le condizioni di lavoro sono peggiorate rispetto al passato, in termini di rapporto tra ore investite e retribuzione e di clima in ambito lavorativo. D’altra parte, anche gli stressors sul lavoro, la pressione psicologica, il mobbing o i fenomeni di bullismo favoriscono lo sviluppo di disturbi mentali nei più vulnerabili. Per non parlare delle ridotte possibilità di inserimento, a causa dello stigma, di soggetti che un disturbo mentale lo hanno già”.

Le donne sono più a rischio?

“Di base, alcuni dei disturbi mentali più comuni, quali i disturbi d’ansia e depressivi, tendono a essere più frequenti nelle donne, le quali continuano a soffrire più degli uomini delle difficoltà dovute alla situazione socio-economica, anche perché in molti ambienti lavorativi persiste una discriminazione di genere, per cui tendono a ricevere stipendi inferiori e ad avere minori possibilità di carriera rispetto agli uomini, a parità di formazione. Inoltre, ancora oggi resta in molte famiglie la tendenza a delegare alla donna il compito di occuparsi della casa e dei figli, con incremento quindi del carico di lavoro globale e dello stress”.

E i giovani, che disagi presentano rispetto al passato?

“I giovani, affacciandosi in tale contesto al mondo del lavoro, sono più esposti a difficoltà, ad

esempio non riuscendo a raggiungere posizioni lavorative consone alla loro formazione, o

ricevendo incarichi precari o retribuzioni inadeguate. È stato evidenziato che la perdita della speranza di inserimento nel tessuto sociale, nella forma di un posto di lavoro adeguato, faciliti la tendenza all’isolamento, con conseguente abbandono degli studi. Si tratta peraltro di condizioni che possono facilitare un uso eccessivo di gioco su internet o dei social per mantenere le relazioni sociali”.

Quali sono i disturbi più frequenti?

“I disturbi d’ansia e depressivi, ma andrebbe tenuto conto anche dell’universo delle condizioni subcliniche, dei sintomi isolati o atipici, che costituiscono un elemento di vulnerabilità per lo

sviluppo di patologie conclamate e possono comunque influenzare la traiettoria e le scelte di vita”.

È noto il diffuso abuso di psicofarmaci, spesso con prescrizioni “fai da te“. Cosa può dire al riguardo?

“Purtroppo ancora oggi, a causa dello stigma associato ai disturbi mentali, si tende ad andare dallo psichiatra solo quando si sta molto male. Prima di quel momento, le persone tendono a rivolgersi a specialisti diversi, o “accontentarsi” di prescrizioni sintomatiche, ad esempio di ansiolitici per facilitare il sonno, che da sole non risolvono il quadro e favoriscono invece lo sviluppo di dipendenza. Non è neppure raro lo sviluppo di un vero e proprio abuso di sostanze o di alcol, con intento autoterapico. Naturalmente, sono tutte condotte peggiorative del quadro globale, che magari si sarebbe potuto risolvere in breve tempo con una terapia adeguata”.

Ma quali sono i campanelli d’allarme cui fare attenzione nella vita di tutti i giorni, prima di arrivare a vere patologie?

“Sono diversi a seconda del tipo di disturbo mentale e della persona che ne è affetta. Certamente, per fare diagnosi, oltre ai sintomi specifici, è necessaria la presenza di una sofferenza soggettiva significativa e/o di una compromissione del funzionamento psicosociale (generale o in aree specifiche, come ad esempio nella sfera familiare o lavorativa). È fondamentale non ignorare mai una condizione di sofferenza oppure difficoltà di funzionamento perché possono essere i prodromi di una patologia conclamata”.