Antonio Benedetti: «Medicina personalizzata per le patologie gastrointestinali»
Negli ultimi venti anni è cresciuto moltissimo il livello delle cure, come terapia e come tecnica. Determinanti e non invasivi i farmaci biologici
Dimenticatevi le gelosie e le lotte intestine tra professionisti nei reparti. Il settore della gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria delle Marche, ad Ancona, dove Clinica e Divisione collaborano a tal punto da formare una grande unità operativa, l’Area Gastroenterologica. A coordinarla è il professor Antonio Benedetti, decano della disciplina a Torrette.
Professore, sbagliato considerare questa realtà una magnifica anomalia?
«L’organizzazione interna alla gastroenterologia non è più un problema, l’unione di intenti è comune così come la progettualità e le idee. Nell’ultimo anno abbiamo affinato ancora di più la macchina attivando un reparto clinico-endoscopico da 41 posti letti e suddiviso l’attività su vari fronti operativi».
Quali sono questi fronti? «Il primario della divisione, il dottor Emanuele Bendia, è uno dei massimi esperti di endoscopia digestiva ad esempio. C’è poi l’unità operativa dipartimentale che si occupa delle patologie del fegato coordinata dal professor Gianluca Svegliati Baroni e l’unità delle Malattie biliopancreatiche seguita dal professor Marco Marzioni. Gli altri grandi campi in cui la nostra area è impegnata sono le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali e la Celiachia. In stretta collaborazione con la nostra unità operano altri specialisti dell’area chirurgica, radiologica, anatomo-patologica,internistica, oncologica, nutrizionale etc. Siamo stati bravi a mettere in campo dei team multidisciplinari, dei gruppi di lavoro trasversali».
Nel concreto com’è cambiata questa disciplina negli ultimi anni? «Un tempo i casi di epatite C si curavano con difficoltà, oggi si combattono con farmaci di altissimo livello, al punto che gli studiosi pensano di poterla eradicare entro il 2030. Il livello qualitativo delle cure è aumentano tantissimo nel corso degli ultimi vent’anni, forse addirittura meno, con, non solo farmaci o terapie, ma anche tecniche. Prenda le metastasi del fegato, se in passato affrontarle era considerata una controindicazione, oggi la gestione dal punto di vista terapeutico lo impone. Sono cambiati gli stili di vita e sono cambiate anche le patologie. Le pancreatiti hanno visto aumentare i casi, così le cisti pancreatiche come i tumori alle vie biliari. Le malattie dell’apparato digerente sono al secondo posto a livello globale, dietro solo a quelle cardio-respiratorie, per capire di quale bacino si stia parlando».
Quanto influisce lo stile di vita? «L’alimentazione ha un ruolo centrale nel rapporto con le dinamiche di settore. Sono aumentate esponenzialmente le malattie del pancreas e molto è legato anche ai regimi alimentari. Per fortuna sono nati anche farmaci biologici che possono svolgere una funzione determinante e non invasiva».
E il rapporto con i pazienti? «Con la medicina di precisione applicata è cambiato tutto, compreso il rapporto coi pazienti. Ognuno di essi ha un percorso separato. Oggi i pazienti gravi che arrivano a Torrette vengono seguiti a 360°, caso per caso, e inseriti in speciali agende. Si entra con un sintomo e si esce con una terapia chiara, è tutto più facile anche per loro. Mi faccia fare un altro esempio legato alla gestione delle patologie infiammatorie croniche intestinali. Per questi pazienti è attivo un ambulatorio multidisciplinare, la Ibd Unit, coordinato da tutte le figure dell’area. Pensiamo al Morbo di Crohn che colpisce in prevalenza pazienti giovani. Un tempo esisteva esclusivamente il cortisone, con tutti gli effetti collaterali del caso, ora la ricerca ha prodotto farmaci eccezionali».
Sotto il profilo chirurgico quale approccio viene privilegiato? «Le complicanze biliari, faccio un esempio, non vengono più affrontate aprendo l’addome come ma per via endoscopica. C’è poi il concetto applicato dell’intelligenza artificiale che qui a Torrette e nella nostra sezione di endoscopia non più una sola sperimentazione, ma una realtà. Detto questo, non va dimenticata l’importanza dei trapianti. La chirurgia trapiantologica è la soluzione estrema alle patologie di nostra competenza, penso alle cirrosi, sia per abuso di alcol che per forme metaboliche o infettivologiche».
Nella vostra area operativa, riuscite a seguire tutti i casi che si presentano, anche se con livelli di gravità diversi? «Facciamo del nostro meglio, ma è chiaro che l’ospedale di Torrette debba sempre più occuparsi di cure di alto profilo, demandando i casi di minor entità alla medicina del territorio. Dico questo per diversificare i percorsi. Se vogliamo affrontare le patologie più complesse non possiamo occuparci anche di quelle lievi, per non congestionarci e alla fine non fare bene né l’una né l’altra cosa. Gli ospedali di comunità serviranno a questo e la riforma del sistema, che si sta tentando di mettere in pratica a livello nazionale deve andare in quella direzione».
Il Covid ha messo a dura prova tutta la sanità… «Il Covid, per certi versi, oltre ad averci travolto con le morti e gli ospedali in tilt, ci ha insegnato a come diversificare i percorsi e le competenze tra hub e medicina del territorio, per evitare il crollo strutturale».
Il ricambio generazionale in gastroenterologia è garantito? «La nostra scuola di specializzazione dell’Università Politecnica delle Marche è tra le prime in Italia. C’è stato un boom di iscrizioni e abbiamo in rampa di lancio 32 specializzandi».
IL PROFILO
Il professor Benedetti è Direttore della Clinica di Gastroenterologia, Epatologia ed Endoscopia d’Urgenza degli Ospedali Riuniti di Ancona, e della Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia presso l’Università degli Studi di Ancona. Dallo scorso anno è il Presidente Nazionale della Società Italiana di Gastroenterologia e Presidente della Federazione Italiana delle Società Scientifiche di Malattie dell’Apparato Digerente.