Giovedì 19 Dicembre 2024
ALESSANDRO MALPELO
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Coronavirus, test sierologici: un italiano su dieci ha gli anticorpi

La previsione dell’Imperial College (sei milioni di persone contagiate in Italia) verrebbe confermata. Ora il censimento sarà esteso a 150mila soggetti

Coronavirus, i test sierologici (Ansa)

Roma, 19 aprile 2020 - Per ripartire con la fase 2 bisogna individuare chi ha sviluppato anticorpi al Covid-19. Per farlo si stanno sperimentando test sierologici. Il dato più interessante viene dall’analisi di 10mila esami (8mila in Lombardia, 2mila in Liguria) condotti indifferentemente su persone sintomatiche e asintomatiche, che hanno avuto contatti con positivi. La fascia di età delle persone maggiormente colpite si colloca tra i 50 e i 60 anni.

La percentuale dei positivi è sopra il 10% dice Matteo Bassetti, presidente della Sita, Società italiana terapia antinfettiva. È lo stesso dato riscontrato sul campione più ristretto del Comune di Robbio, il primo a fare test in Lombardia. Documentare anticorpi contro questo virus non significa automaticamente possedere un patentino di immunità, allo stato attuale nessun può escludere l'eventualità di tornare a infettarsi.

«Test, test, test». Lo slogan lanciato dal direttore dell'Oms, quando finalmente a Ginevra hanno rotto gli indugi sulla pandemia da Coronavirus, diventa un mantra. Parte lo screening sierologico, una indagine su scala nazionale finalizzata a misurare l'indice di diffusione del virus nella popolazione. «Oggi abbiamo solo stime basate su modelli, mentre uno studio di sieroprevalenza potrà darci questo tipo di misura», ha spiegato il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, riferendosi alla grande battuta di caccia agli anticorpi che sarà avviata in ogni parte d'Italia. Finora il grosso delle analisi si è concentrato su malati in ospedale.

Quando la Regione Veneto ha passato al setaccio tutti gli abitanti di un piccolo comune, ha scovato una miriade di casi insospettabili, i cosiddetti asintomatici. Sulla base dei primi dati è scaturita una previsione, l'Imperial College di Londra ha stimato che almeno 6 milioni di italiani fossero entrati in contatto con il SARS-CoV2. Altre regioni hanno condotto sondaggi estemporanei, e tutte insieme sono chiamate adesso a uniformare gli standard delle procedure di laboratorio per una ricognizione a tappeto che ci dirà esattamente quanti hanno già contratto il virus.

La portata dell'operazione è stata precisata dal presidente del Consiglio superiore di Sanità, l'ematologo Franco Locatelli, in conferenza stampa alla Protezione Civile: «Un panel identificato dal commissario Domenico Arcuri, con competenze tra loro complementari, procederà all'identificazione della tipologia del test, che verrà poi somministrato a un campione di 150mila persone», ha chiarito il professore. Occorre capire fin dove si sono spinti i focolai, quanti soggetti hanno sviluppato difese immunitarie, quanti sono ancora esposti, facili prede della Covid-19. Presupposti indispensabili per pianificare la regia della fase 2. Parliamo di una chiamata rivolta a fornitori di kit sierologici che rispettino i criteri indicati dal Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute: elevata sensibilità, specificità e applicabilità. I test dovranno  rispondere a 8 requisiti fondamentali, tra cui la sensibilità non inferiore al 90% e la rapidità di risposta con la possibilità di processare almeno 120 test per ora.

Lo studio di sieroprevalenza (che verrebbe poi allargato ad altre 150mila persone) sarà una sorta di censimento clinico condotto con Istat, prenderà in considerazione sei fasce di età, e vari profili lavorativi, senza per questo rilasciare patenti d'immunità o lasciapassare. «I test sierologici – ha chiarito Locatelli - ci permetteranno di determinare la percentuale di italiani contagiati. Impiegheremo test Eliza o test di chemoluminescenza, per ottenere informazioni solide affidabili». I laboratori saranno dislocati in maniera capillare sul territorio. Le Regioni e le Province autonome hanno aderito alla mobilitazione e collaboreranno attivamente. La campagna entrerà nel vivo ai primi di maggio, e nell'arco di un paio di settimane raccoglierà i dati necessari alla mappatura epidemiologica, una fotografia della diffusione del virus sul territorio. Senza una mappa si finisce per andare a tentoni, sbagliando tempi e modi delle riaperture, e qui nessuno vuole ritrovarsi gli ospedali ridotti a lazzaretti peggio di prima, costretti a tornare precipitosamente a rinchiudersi nelle case.