“Proteggere la prostata con lo sport”: lo dice la scienza
Una ricerca svedese ha dimostrato che l’attività fisica può ridurre il rischio di tumore del 35%. Effetti positivi confermati anche da uno studio canadese
Rimettersi in forma, combattere lo stress, prendersi cura della propria salute e del proprio benessere, ritagliarsi un po’ di tempo per sè. Le motivazioni per fare un po’ di sport sono tante, ma oggi ce n’è una nuova e riguarda solo gli uomini: migliorare la propria condizione fisica protegge la prostata.
Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista specializzata The British Journal of Sports Medicine, aumentare la capacità cardiorespiratoria di solo il 3% permette di ridurre il rischio di tumore del 35%. Un risultato particolarmente interessante perché fino a oggi gli studi avevano dimostrato che l'attività fisica può rallentare il decorso della malattia, mentre ora viene provato che può anche prevenirla.
Cosa dice la ricerca: i dati
I ricercatori del Karolinska Institute in Svezia, autori dello studio, hanno coinvolto più di 57.000 uomini selezionati dopo avere superato almeno due test di idoneità cardiorespiratoria durante il periodo di follow-up. Tutti sono stati seguiti per un periodo medio di sette anni – durante il quale è stato diagnosticato un cancro alla prostata all'1% di loro mentre lo 0,08% è morto a causa della malattia – e sono stati suddivisi in base all'evoluzione della loro capacità respiratoria durante il monitoraggio: quelli che l’avevano migliorata annualmente del 3%, quelli che l’avevano mantenuta uguale e quelli che erano peggiorati di oltre il 3%.
Al termine, valutando i dati raccolti, il team svedese ha associato un incremento annuale della capacità cardiorespiratoria a un rischio inferiore di tumore alla prostata, sebbene questo dato non abbia un'influenza benefica sui decessi legati alla malattia. Quest’ultimo fattore, spiegano gli esperti, è dovuto alla breve durata dello studio poiché, quando il tumore della prostata è mortale, la morte avviene solitamente oltre i sette anni dalla diagnosi. Quindi, per provare anche una diminuzione della mortalità sarebbe necessario condurre uno studio più lungo nel tempo.
Lo studio canadese
A ribadire l’importanza dello sport anche lo studio ‘Exercise During Active Surveillance for Prostate Cancer’ (ERASE). Condotto presso l’ospedale universitario di Alberta, in Canada, ha coinvolto uomini adulti con una diagnosi di tumore prostatico localizzato e a rischio medio-basso, tutti inclusi in programmi di sorveglianza attiva, che prevedono controlli periodici senza intervenire se il tumore resta poco pericoloso.
I partecipanti sono stati suddivisi a caso in due gruppi: uno doveva proseguire il programma di controlli senza modificare le sue abitudini in termini di esercizio fisico, l’altro doveva aggiungere un allenamento HIIT (high-intensity interval training), che prevede sforzi ad alta intensità intervallati da brevi interruzioni, in tre sessioni settimanali per dodici settimane, utilizzando un tapis roulant e arrivando all’85-95% del consumo di ossigeno.
Al termine dello studio, nel gruppo più allenato è migliorata la capacità aerobica, segno di benessere cardiorespiratorio, e diminuiti il Psa e la Psa Velocity, due parametri biochimici del tumore prostatico, potenziali indici del rischio di progressione della malattia. L’attività fisica intensa, quindi, anche in un periodo di tempo limitato, come i tre mesi dello studio, migliora i parametri cardiorespiratori e quelli biochimici legati alla salute della prostata.
Il futuro
Serviranno altri studi per verificare se i miglioramenti rilevati da entrambi i lavori sono duraturi e si traducono in benefici a lungo termine, ma nel frattempo, non resta che infilare tuta e scarpe da ginnastica e iniziare praticare un’attività fisica, con regolarità. Se è vero infatti, che la capacità respiratoria dipende in parte dal capitale genetico, altrettanto lo è che può essere migliorata con l'allenamento. E non è mai troppo tardi per fare sport.