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Percepire le proprie fragilità per capire e aiutare gli altri

Penna * Come stai? Questa semplice domanda implica un’attenzione verso il benessere degli altri. Spesso viene però ritualizzata, con l’aspettativa che l’altro...

di ALBERTO
16 marzo 2025
Penna * Come stai? Questa semplice domanda implica un’attenzione verso il benessere degli altri. Spesso viene però ritualizzata, con l’aspettativa che l’altro...

Penna * Come stai? Questa semplice domanda implica un’attenzione verso il benessere degli altri. Spesso viene però ritualizzata, con l’aspettativa che l’altro...

Penna *

Come stai?

Questa semplice domanda implica un’attenzione verso il benessere degli altri. Spesso viene però ritualizzata, con l’aspettativa che l’altro risponda che va tutto bene.

Tra le donne può succedere che però venga data una risposta meno scontata, come "Eh insomma, non è un bel periodo". A quel punto si può aprire un confronto, che comporta l’apertura dell’amica che non sta bene e l’ascolto dell’altra.

Cosa succede se ci troviamo tra due uomini? Possiamo prevedere che spesso all’apertura di chi risponde di non stare bene, l’altro resti incerto: "Adesso cosa faccio, chiudo qui o faccio altre domande? Non vorrei metterlo in difficoltà o in imbarazzo". Così potrebbe liquidare l’apertura con un incoraggiamento: "Sei una persona in gamba, vedrai che supererai questo momento".

Ho pensato a questo tipo di scambi qualche giorno fa. Massimo, un amico che vive in un’altra regione, mi ha scritto spiegandomi che Franco, un suo caro amico, se la sta passando male; anzi mi ha detto che la definizione usata era stata "Vivo in un incubo". Così ci siamo sentiti: lui amico diretto, e io coinvolto perché amico di Massimo, in una piccola catena di vicinanza e cura. Franco si sta separando, ha tre figli piccoli e non sa cosa fare. Un momento critico della vita di una persona, la separazione, che per gli uomini diventa spesso drammatico. In questi periodi avremmo bisogno di vicinanza, cura, amicizia ed empatia, ma tendiamo a chiuderci e chi ci circonda scommette sulle nostre capacità di recupero… solitarie. Da soli, però, non si va molto lontano.

Massimo mi ha confidato di provare paura per lui, ed è legittimo chiedersi se Franco non abbia avuto brutti pensieri, formula generica, ma che lascia intendere lo spettro del suicidio. In tanti anni di clinica ho imparato che, siccome gli uomini di solito minimizzano la portata della propria sofferenza, quando dicono di stare male vuole dire che sono quasi alla frutta. Quindi è meglio chiederlo.

Massimo ha trovato questo dubbio molto calzante, anzi ha capito che parte della sua paura era dovuta a quest’eventualità, anche se non ce l’aveva chiara. Gli ho detto che i suoi timori erano fondati e dimostrano sensibilità da parte sua, segno di un’amicizia e di un impegno che fa parte delle nostre relazioni più care. E la paura lo stava spingendo a prendersi cura del suo amico.

Ancora una volta, in queste righe, sottolineo il legame tra la percezione della paura per una persona che sta male e la possibilità di attivare comportamenti di cura. Senza la paura per la vita di Franco, Massimo non si sarebbe mosso.

Massimo e io alla fine eravamo emozionati, commossi per l’intensità di quel momento. E mi ha detto una cosa molto bella. "Fino a tre anni fa non avrei avuto questa sollecitudine, avrei pensato che se stava male mi avrebbe contattato lui. Oggi invece non è più così, perché ha imparato ad ascoltarsi e a percepire la fragilità". E si sta dando da fare.

* psicologo

e psicoterapeuta

di coppia e familiare