Le vibrazioni di Hong-So, il mantra per la felicità
Una tecnica antica portata in Occidente dal maestro indiano P.Yogananda più di un secolo fa: favorisce la calma della mente e del corpo. "Ascoltarsi è come accordare un violino: emerge la melodia del cuore".
Hong-So, il mantra dei mantra. Ovvero, la via regale della meditazione. Ormai lo dice anche la scienza: la meditazione porta a uno stato di profondo di benessere, combatte lo stress e aiuta a rimanere più giovani e in salute. Dai grandi sportivi che macinano risultati allenando anche la mente – come il tennista Novak Djokovic – ai manager che usano la meditazione per avere il giusto focus, la lista è lunga.
Perfino dell’Ipad di Steve Jobs, il fondatore di Apple scomparso nel 2011, fu trovato un unico libro: ‘L’autobiografia di uno yogi’, il best seller spirituale di un maestro indiano chiamato Paramhansa Yogananda. E alla sua morte, Jobs dispose che ne venissero distribuite 800 copie tra i partecipanti al suo funerale. Ma cosa c’entra Steve Jobs con il mantra Hong-So? Non tutti sanno che a portare la meditazione e lo yoga in Occidente fu proprio Yogananda, il guru che piaceva anche ai Beatles – il suo volto compare addirittura sulla copertina dell’album “Sgt Pepper’s“, insieme ad altri guru indiani come Swami Kriyananda e Lahiri Mahasaya – e che ha iniziato allo yoga e alla meditazione milioni di persone in tutto il mondo. Arrivato nel 1920 a Boston, portò negli Usa dei veri “gioielli sacri”. Oltre alla «scienza dello yoga e della meditazione», come ha più volte spiegato nei suoi testi, è sbarcato dall’India con un mantra molto potente: l’Hong-So, appunto. Ma a cosa serve e come si pratica?
È una tecnica in grado di portare alla chiarezza mentale, aiutare le mente a entrare in connessione col corpo e col cuore. Un mantra semplice che in sanscrito significa “Io sono Spirito“. Due sole sillabe associate alla respirazione – “hong“ nell’atto di inspirare e “so“ nell’espiro – dal grandissimo potenziale. Ferma i pensieri, allenta lo stress, dissolve la rabbia e le preoccupazioni, favorire la calma e la gioia. Aiuta a rallentare e “fondersi” con il respiro. E affonda le radici a moltissimi millenni fa: il mantra donato da Yogananda a noi occidentali arriva dall’antica “tecnica Hamsa”, considerata un vero e proprio gioiello nelle scritture dello yoga.
«Meditare è ascoltare. È un processo di ritorno al proprio centro. È il mezzo per “accordare” il tuo strumento. Un violinista, mentre accorda il suo violino, deve ascoltare con attenzione certe note chiave. Anche noi dobbiamo ascoltare quello che la vita ha da dirci», ha spiegato Swami Kriyananda, discepolo diretto di Yogananda e fondatore delle comunità spirituali Ananda (che in sanscrito significa beatitudine, felicità) in Italia e nel mondo. «La meditazione – ha detto – è più che l’esercitare una pratica. È un’abitudine della mente, un modo di vivere».
«Con una respirazione calma e profonda – ha scritto – anche la mente e le emozioni si calmano». Si, ma come? «Concentrati sul rilassamento sempre più profondo, non solo fisico, ma anche mentale ed emozionale. Senti lo spazio nel corpo. Guarda in alto concentrando la tua attenzione nel punto centrale tra le sopracciglia, sede della visione spirituale. Offri tutti i pensieri e i sentimenti in profonda concentrazione in questo punto. Un po’ alla volta sentirai la pace che ti inonda, come una cascata d’acqua senza peso».
Supercoscienza: il nostro navigatore interiore. Facendo silenzio dentro e fuori di sé, si entra in quel flusso che aiuta ad attraversare gli ostacoli della vita con serenità, trovando le giuste soluzioni. Yogananda spiegava che attraverso la meditazione si entra in connessione con la «Supercoscienza», ovvero la «fonte della vera saggezza». Ed è lì che succede il “miracolo” della vita. «La Beatitudine – speigava Yogananda – regna nello stato supercosciente. L’individuo supercosciente non è schiavo delle condizioni esteriori. È libero e trova la felicità dentro di sé a dispetto di ogni circostanza». Tutto si acquieta e le risposte emergono come pesci dall’acqua.