La ricerca della felicità: soldi e successo vanno a braccetto

Ma il denaro è solo una delle componenti per vivere felici: contano gli affetti, la salute e le relazioni sociali

di ALESSANDRO MALPELO
21 giugno 2023
15grande

Anche i ricchi piangono. Poveri ma belli. Due cuori e una capanna. Basta la salute. Sono tanti i luoghi comuni, gli stereotipi che vorrebbero sminuire l’esistenza di un rapporto diretto tra denaro e felicità, una cinghia di trasmissione legata alle alterne fortune, dove un giorno ci si sente artefici del proprio destino, un altro giorno sembra di avere imboccato un tunnel senza uscita. Ma quanto denaro devi possedere, giunti a questo punto, per essere felice o quantomeno senza pensieri? Fino a poco tempo fa questa domanda sembrava senza risposta. Una canzone del 1939, poi riarrangiata da Bruno Lauzi alla fine del secolo scorso, nel ritornello faceva così: “se potessi avere mille lire al mese”. Oggi sappiamo che, statisticamente, ci si sente felici, o perlomeno rassicurati, quando si arriva a possedere un tesoretto di 100mila euro, risparmi guadagnati onestamente e pronti da spendere. Uno studio pubblicato in questi giorni sulla rivista edita dalla National Academy of Sciences sembra aver fissato questo e altri curiosi paletti.

 

A condurre l’indagine sono stati due ricercatori titolati, Daniel Kahneman, psicologo israeliano pioniere della finanza comportamentale, premio Nobel per l’economia nel 2002, e Matt Killingsworth, esperto di studi sulla felicità, conferenziere ai Ted talks. I due hanno collaborato insieme partendo da tesi diverse, il primo sosteneva che la correlazione tra denaro e felicità si raggiunge al giro di boa dei 100.000 euro, il secondo afferma che il livello di felicità continua a crescere in maniera direttamente proporzionale ai risparmi messi da parte, più soldi possiedi più ti sentirai gratificato, senza un vero e proprio traguardo. A chi dare retta?

 

Pozzo dei desideri

La ricerca riguardo al rapporto tra soldi e felicità ha dimostrato che sono vere tutte le tesi, si può essere felici indipendentemente dal denaro posseduto, ma i soldi permettono di esaudire tanti desideri, capricci, anche solo la sensazione di esercitare un potere d’acquisto aiuta a smorzare l’ansia dei conti in rosso, dunque una tesi è sostenibile senza escludere l’altra. Esiste poi un rovescio della medaglia, una vincita alla lotteria, una eredità inattesa, potrebbero trasformarsi in un incubo. In letteratura vengono riferiti talvolta casi di persone che finiscono per dilapidare un patrimonio in pochi mesi con un profondo senso di colpa, senza avere tratto alcun piacere dalla improvvisa manna caduta dal cielo. Vedi alla voce ludopatia, gioco patologico e registro di esclusione.

 

Risparmiatori

Dal punto di vista statistico, l’effetto ansiolitico euforizzante del plafond dei 100.000 euro annuali, calcolati chissà come, esisterebbe per un 15% della popolazione, che si reputa felice più si avvicina a tale cifra (in caso contrario scatta la sindrome del successo mancato, vedi alla favola di Esopo, la volpe e l’uva). Dunque la disponibilità di denaro “quanto basta per vivere sereni” nell’adulto produce effetti positivi, perché riduce l’incertezza sul proprio futuro e trasmette l’idea di poter mantenere una famiglia. Oltre la soglia citata sembra diventare insignificante possedere più o meno soldi. Sempre secondo questo report, abbiamo un’altra fascia, il 60% della popolazione, che aspira al benessere in misura crescente, e riferisce livelli di felicità in relazione ai risparmi messi da parte, maggiori quantità di denaro a disposizione portano a livelli più elevati di felicità, fino a sfiorare il lusso. Infine, citiamo il caso dei risparmiatori al settimo cielo,  25% della popolazione, che provano una felicità direttamente proporzionale ai guadagni messi da parte, senza che questo diventi un’ossessione. In una minima percentuale di casi la tendenza al risparmio sfocia nella nevrosi, una sorta di droga che ci rende schiavi del conto in banca, anche quando si è incapaci di spendere.

 

Salute e affetti

In sostanza, secondo questo studio, per la stragrande maggioranza della popolazione (85%) la disponibilità di denaro è una componente importante per vivere bene, ma in quel campione di individui la felicità dipende da un mix di più fattori concomitanti, variabili a seconda dell’individuo e della stagione della vita presa in considerazione. Le altre variabili gettonate, nella ricerca della felicità, sono -1- le affermazioni sociali (avere successo, artisti che ricevono il plauso dei fan, sportivi osannati dai tifosi, politici che vincono le elezioni, un riconoscimento da parte del pubblico), -2- cullarsi negli affetti (sentirsi amati, amare ricambiati, vivere la cotta degli innamorati, una rete solidale di parenti e amicizie), -3- mantenersi in salute (guarire da una malattia, ricevere una diagnosi tranquillizzante dopo aver paventato una prognosi infausta). In generale, i giovani sani provano felicità più facilmente degli anziani, che invece avvertono l’incertezza del futuro anche quando sembra andare tutto bene.

 

Adolescenti

Dicevamo che da giovani basta relativamente poco per sentirsi felici. Uno studio recente, annunciato dal Meyer center for health and happyness (responsabile Manila Bonciani) e dall’Università di Firenze, ha esplorato il concetto di felicità in età pediatrica. Dai risultati, in estrema sintesi, emerge una valutazione multiassiale che considera sei variabili desiderabili: relazioni interpersonali soddisfacenti, fare le cose che piacciono, vivere emozioni positive senza preoccupazioni o pressioni esterne, sentirsi realizzati, sentirsi padroni delle situazioni e vivere la vita con ottimismo. Gli adolescenti che fanno sport si considerano più felici, consapevoli e capaci di gestire le emozioni.