Insufficienza cardiaca, attenzione a fiato corto, gonfiore e scompenso
Fattori di rischio: fumo, diabete, sindrome metabolica, colesterolo, ipertensione
Parte dal Lazio il tour dell’ambulatorio mobile dell’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (www.associazioneaisc.org). Lo scompenso, noto anche come insufficienza cardiaca, è la terza causa di ricovero ospedaliero negli over 65. “In questo disturbo – spiega il professor Salvatore Di Somma – il cuore fatica a pompare sangue e si manifestano affaticamento, sensazione di mancanza di fiato dopo sforzi anche lievi e gonfiori agli arti”. Lo scompenso ha un andamento progressivo, può cronicizzare evolvendo via via verso forme più difficili da trattare. Con il tour i medici volontari intendono parlare anche alle donne, particolarmente vulnerabili se si parla di salute del cuore dopo la menopausa, occorre prevenire lo scompenso con azioni mirate. Fumo, diabete, sindrome metabolica, colesterolo, ipertensione e trigliceridi anche qui entrano in gioco. I fattori di rischio vanno eliminati.
Cardioriabilitazione
L’impatto della pandemia ha reso sempre più evidente il ruolo cruciale del 118, delle cardiologie e del volontariato degli amici del cuore. “Parlando di emodinamica e unità coronariche – ha affermato Giuseppe Ciancamerla, presidente Conacuore, coordinamento delle associazioni – la rete si prodiga nel dare il migliore e più rapido trattamento al paziente acuto ricoverato. La scommessa consiste nel promuovere la riabilitazione cardiologica”. Oltre 500 reparti di cardiologia o cardiochirurgia dovrebbero fare capo a una cardiologia riabilitativa, ma questo si verifica solo in 220 casi, di cui 130 con letti, 60 ambulatoriali e 30 con entrambe le opzioni (report Mondosanità). Le associazioni aderenti a Conacuore hanno dato un contributo nella prevenzione secondaria, ma con la pandemia le iniziative del terzo settore hanno subìto rallentamenti o interruzioni.
Emergenza territoriale
“Le ripercussioni dovute alla pandemia – ha dichiarato il professor Pasquale Perrone Filardi, ordinario di cardiologia alla Federico II, Università di Napoli, relatore alla Winter School di Motore Sanità – ha determinato un aumento della mortalità ospedaliera da infarto acuto rispetto all’ultimo periodo pre-pandemico, legato ad un ritardo dell’ospedalizzazione e a alla contrazione delle degenze del 26%. Parallelamente, la pandemia ha rimarcato la necessità, inserita negli indirizzi di intervento sul sistema sanitario del PNRR, di potenziamento delle reti territoriali per le patologie croniche, al fine di ridurre l’incongruo accesso alle strutture ospedaliere e di migliorare il contrasto delle patologie cardiovascolari croniche. L’implementazione di infrastrutture di supporto ai servizi sanitari da remoto (telemedicina), che possano rendere strutturale ed omogeneo il sistema di assistenza a distanza, rappresenterà una delle principali sfide per il sistema sanitario degli anni futuri”.