Cosa fare per risolvere il reflusso senza farmaci: i rischi degli antiacido

Dall'amaro in bocca ai bruciori di stomaco: i sintomi più comuni. Gli effetti collaterali dei medicinali inibitori

26 giugno 2024
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Bevande gassate, fritti, caffè o altre sostanze, nei soggetti predisposti, possono provocare un fastidio comunemente chiamato reflusso gastroesofageo, che non è altro che una risalita di succhi gastrici che entrano in contatto con le pareti dell’esofago. Il reflusso è un problema diffuso che, se persistente, può compromettere la qualità della vita, e si palesa più facilmente quando ci corichiamo a letto o sul divano.

Tra l’altro, nei casi più gravi, a parte l’alito cattivo, il sapore amaro in bocca e la sensazione spiacevole, si possono sviluppare infiammazioni e ulcere a carico dell’epitelio esofageo: la mucosa del primo tratto dell’apparato digerente sviluppa una condizione di sofferenza cronica che richiede un trattamento specialistico.

La sensazione è spiacevole: si avvertono bruciori di stomaco e rigurgiti che possono eventualmente essere trattati con farmaci ad hoc, come per esempio gli antiacidi o gli inibitori di pompa protonica. Tuttavia, è necessario porre particolare attenzione all’assunzione di tali prodotti: secondo la scienza, infatti, potrebbero in alcuni casi provocare una serie di problemi da non sottovalutare.

 

La ricerca

 

Uno studio pubblicato su Neurology Clinical Practice ha sollevato interrogativi sugli effetti collaterali di alcuni farmaci comunemente utilizzati per trattare il reflusso gastrico. L’indagine si è concentrata, in modo particolare, su farmaci come il pantoprazolo, il lansoprazolo e l’esomeprazolo, che sono frequentemente prescritti per alleviare i sintomi di bruciore di stomaco, ulcere e la sopracitata malattia da reflusso gastroesofageo.

I farmaci menzionati nello studio, noti come inibitori della pompa protonica (IPP), agiscono riducendo la produzione di acido nello stomaco. Questi farmaci sono largamente utilizzati e generalmente considerati sicuri. Tuttavia, il nuovo studio ha identificato una possibile associazione tra l’assunzione di IPP e l’insorgere di mal di testa, inclusi episodi descritti come cefalea a grappolo.

 

Vale a questo punto la pena citare le parole di una delle autrici della ricerca, Margaret Slavin, dottoressa ricercatrice presso l’Università del Maryland a College Park, negli Stati Uniti, che nel merito della questione ha dichiarato: “Considerato l’ampio uso dei farmaci riduttori di acido e queste potenziali implicazioni con l’emicrania, questi risultati richiedono ulteriori indagini. Si tratta di farmaci che spesso vengono prescritti senza che ve ne sia una reale necessità, e nuove ricerche hanno mostrato altri rischi legati all’uso a lungo termine degli inibitori della pompa protonica, come un aumento del rischio di demenza”.

I ricercatori consigliano dunque ai medici di monitorare attentamente i pazienti che utilizzano IPP, in particolare coloro che iniziano a sperimentare mal di testa dopo l’inizio della terapia. Potrebbe essere utile considerare alternative terapeutiche o adottare misure per mitigare i potenziali effetti collaterali.

 

I trattamenti

 

Un episodio di reflusso gastroesofageo può capitare a tutti, prima o poi, e per quanto possa rappresentare un fastidio non è di per sé pericoloso o particolarmente problematico. Chi volesse evitare di sviluppare eventuali effetti collaterali e in generale di prendere medicine, può comunque giocare la carta della – sempre preziosa – prevenzione.

Questo tipo di condizione, infatti, può legarsi strettamente ad uno stile di vita scorretto, che include abitudini dannose e un’alimentazione sregolata. In generale, ad essere più esposti sono i soggetti sovrappeso. Inoltre, è più facile soffrire di reflusso se si è fumatori o consumatori regolari di bevande alcoliche. Dormire bene e mangiare sano, evitando alimenti troppo calorici e ricchi di zuccheri e grassi, può certamente aiutare a minimizzare il rischio di reflusso. Consultate il medico di famiglia e lo specialista in gastroenterologia in caso di disturbi ricorrenti.