Cambiamento climatico e allergia, perché sono così collegati e cosa dovremmo sapere

All’aumento delle temperature degli ultimi anni la comunità scientifica sta iniziando ad associare anche una serie di problemi respiratori piuttosto diffusi

2 novembre 2024
Cambiamento climatico e allergia - Crediti Pexels

Cambiamento climatico e allergia

Alcuni soggetti potrebbero avere avuto la sensazione, negli ultimi anni, che i propri sintomi primaverili tipici come occhi pruriginosi, naso che cola e starnuti durassero più a lungo e che fossero più intensi. A quanto pare, non si tratta di una semplice percezione del tutto soggettiva, quanto piuttosto dell’effetto diretto di una natura che sta cambiando. A confermarlo sono stati alcuni studi recenti che hanno messo in relazione le allergie con i cambiamenti climatici in atto.

Aumento delle allergie

Nel 2021, secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), 1 adulto su 4 e 1 bambino su 5 — oltre 80 milioni di persone — nei soli Stati Uniti avevano riportato di soffrire di allergie stagionali di qualche tipo. Sebbene il 2021 sia stato il primo anno in cui il CDC ha raccolto questi dati, gli allergologi avevano già osservato un aumento di pazienti in cerca di cure per queste fastidiose condizioni. Alcuni modelli suggeriscono dunque che il cambiamento climatico potrebbe incrementare notevolmente i livelli di pollini aerodispersi entro il 2050, anche in aree attualmente con carichi bassi.

Secondo il dottor Sanjiv Sur, direttore di Allergologia e Immunologia presso il Baylor College of Medicine, l’effetto del riscaldamento globale sulla stagione dei pollini è evidente: temperature più calde e una maggiore concentrazione di Co2 nell'atmosfera stimolano le piante a produrre più polline, per di più per un periodo di tempo più lungo. Questo comporta una stagione delle allergie più intensa e prolungata, che inizia prima e si conclude più tardi rispetto al passato, amplificando in questo caso il disagio per le persone sensibili.

Numeri in costante aumento sono stati segnalati anche da parte dall'Agenzia per la Protezione Ambientale statunitense (EPA), che ha stimato che tra le 35.000 e le 60.000 visite annuali al pronto soccorso legate all’asma siano collegate al polline. Questi numeri sono destinati a crescere, con un aumento previsto del 14% entro il 2090 a causa del riscaldamento globale, soprattutto se le emissioni di gas serra non verranno drasticamente ridotte. Un obiettivo ambizioso, quest’ultimo, che potrà essere raggiunto solo con una stretta collaborazione tra policy maker e società civile e con il contributo della transizione energetica.

Come proteggersi

Fermo restando che lo sviluppo di determinate allergie può presentarsi inaspettatamente anche in età avanzata, gli esperti consigliano di monitorare i livelli di polline nella propria area e limitare il tempo all’aperto nei giorni in cui questi risultano elevati. Chi soffre di allergie gravi potrebbe trarre beneficio dall’uso di mascherine chirurgiche o di purificatori d’aria per mantenere pulita l’aria degli ambienti interni. Anche se questa soluzione non è del tutto risolutiva, nel senso che non elimina completamente il polline, può aiutare a ridurre significativamente la quantità di allergeni presenti in casa.

In parallelo, i soggetti affetti da forme gravi di allergia sono caldamente invitati ad assumere – ovviamente sotto consiglio medico – antistaminici, o a seguire terapie mirate. L'immunoterapia, per esempio, si è dimostrata efficace nel ridurre la sensibilità ai pollini attraverso un processo di desensibilizzazione graduale dell’organismo. Tuttavia, questa opzione è solitamente indicata solo nei casi più severi e viene sempre accompagnata da una supervisione medica per assicurarsi che sia sicura ed efficace.