Traffico e fast food: perché rimanere bloccati in auto aumenta la voglia di cibo spazzatura

Ecco perché i ristoranti sono soprattutto sulle le grandi arterie e nei quartieri più congestionati. Lo spiega uno studio statunitense. Il 28% degli italiani mangia cibo ‘mordi e fuggi’ almeno una volta a settimana

di MARINA SANTIN
7 febbraio 2025
Il traffico incide sulle scelte alimentari delle persone

Il traffico incide sulle scelte alimentari delle persone

Chi abita nelle grandi città lo sa. Rimanere bloccati nel traffico, soprattutto nelle ore di punta, è ormai la normalità. Oltre allo stress e al nervosismo e alle ormai note conseguenze sulla salute dell’esposizione agli inquinanti atmosferici e al rumore, restare a lungo in coda ha un impatto negativo sulle abitudini alimentari.

Uno studio della New University of Illinois Urbana-Champaign, pubblicato sul Journal of Urban Ecomonics, ha scoperto che i ritardi dovuti al traffico aumentano significativamente la probabilità di fermarsi nei fast food, portando a un'alimentazione scorretta e non equilibrata milioni di persone ogni anno.

“Nella nostra analisi incentrata sulla contea di Los Angeles, ritardi imprevisti nel traffico, oltre all’abituale congestione, hanno portato a un incremento dell'1% delle visite ai fast food”, spiega l’autore della ricerca Becca Taylor, professore assistente nel Department of Agricultural and Consumer Economics, parte del College of Agricultural, Consumer and Environmental Sciences nell’Illinois. “Questo potrebbe non sembrare molto, ma equivale a 1,2 milioni di persone entrate in un fast food in un anno nella sola contea di Los Angeles”.

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I ricercatori per più di due anni hanno avuto accesso ai dati giornalieri del traffico stradale e a quelli che registravano quante persone entravano nei fast food nello stesso periodo di tempo. Con questi dati, il team ha creato un modello computazionale che mostra un nesso causale tra rallentamenti imprevisti del traffico e visite di fast food. I ritardi a causa del traffico di soli 30 secondi al miglio sono stati sufficienti a far aumentare le visite ai fast food dell'1%.

"Potrebbe non essere intuitivo immaginare cosa significhi un ritardo di 30 secondi per miglio - sottolinea Becca Taylor - ma è sostanzialmente la differenza tra il traffico delle 10 del mattino e quello delle 5 del pomeriggio”. Quando i ricercatori hanno suddiviso la giornata in segmenti della durata di un'ora, hanno rilevato un numero maggiore di visite ai fast food quando code e rallentamenti del traffico si verificavano durante l'ora di punta della sera.

Parallelamente, le visite al negozi di alimentari diminuivano leggermente. "Se c'è traffico tra le 17 e le 19, un arco di tempo vicino all’ora di cena, c’è un aumento delle visite ai fast food - precisa Becca Taylor - chi si trova in auto, deve decidere se proseguire il viaggio fino a casa e poi cucinare qualcosa, se fermarsi prima al supermercato, o se, semplicemente, comprare del cibo in un fast food e avere già la cena pronta”.

Cosa succede in Italia e nel mondo

Considerando che ogni città ha sia il traffico sia i fast food lungo le strade di scorrimento, è facile intuire che il modello di Los Angeles può essere tranquillamente applicato un po’ ovunque nel mondo. Il team di ricercatori sostiene che il collegamento tra traffico e scelte alimentari non sane è solo un motivo in più per convincere i decisori politici di tutto il paese e del mondo a dare la priorità alle riforme infrastrutturali per alleviare la congestione stradale.

“I nostri risultati contribuiscono alla letteratura suggerendo che i vincoli di tempo sono davvero importanti per le scelte alimentari delle persone. Qualsiasi politica volta a allentare i vincoli di tempo, e il traffico è essenzialmente tempo perso, potrebbe aiutare a combattere abitudini alimentari non salutari - dichiara Becca Taylor -. Questo potrebbe significare miglioramenti nelle infrastrutture per mitigare la congestione del traffico, implementare la disponibilità dei trasporti pubblici e aumentare le opportunità di smart working”.

E considerando che il 28% degli italiani tra i 18 e i 34 anni mangia fast food o junk food almeno una volta la settimana e circa l’8% lo fa addirittura due o tre volte, mettere in atto interventi concreti potrebbe sicuramente rivelarsi una scelta positiva per la salute e il benessere.