Nel palato l’interruttore che accende l’appetito

Un nuovo studio americano dimostra che, quando mangiamo, alcune cellule cerebrali si attivano per limitare l’assunzione di cibo se siamo sazi

di Redazione Salus
20 gennaio 2024

Quando sono stimolati dalle papille gustative, solleticate dai sapori, i neuroni funzionano come un interruttore che accende l’appetito. Le cellule cerebrali risentono anche di altri stimoli che provengono dall’apparato digerente. E, in certi casi, diventano delle sentinelle che si mettono sull’attenti, permettendoci di fermarci istintivamente se tendiamo ad assumere cibo non per saziarci, ma per soddisfare golosità e voracità. È quanto è emerso di recente da uno studio dell’Università di San Francisco, pubblicato su Nature.

Doppio binario

“Abbiamo scoperto una logica utilizzata dal tronco encefalico per controllare quanto velocemente e in che quantità mangiamo, utilizzando due diversi tipi di segnali, uno proveniente dalla bocca e uno, che arriva successivamente, dall’intestino”, ha spiegato il ricercatore Zachary Knight. “Questa scoperta ci fornisce un nuovo quadro per comprendere come controlliamo l’atto di mangiare”. Quando ci rifocilliamo, gli alimenti che mastichiamo e ingurgitiamo arrivano allo stomaco. Dopodichè, dal tratto gastrointestinale, vengono mandati input al cervello che attivano un gruppo di cellule cerebrali, le PRLH, che rilasciano l’ormone della prolattina. E ciò è quello che finora era stato evidenziato nelle ricerche. Le cellule PRLH, però, possono entrare già in funzione appena il cibo è introdotto in bocca. A innescare la loro attività è innanzitutto il senso del gusto, che per primo, dunque, stimola l’appetito. “È stato totalmente sorprendente scoprire che queste cellule fossero attivate dalla percezione del gusto”, ha commentato anche Truong Ly, autore principale dello studio. Come è stato evidenziato dagli scienziati americani, i segnali che provengono dalla bocca e dal gusto tendono a prevalere su quelli che invece sono emessi dal nervo vago, nello stomaco e nell’intestino. Questi ultimi, invece, sono inviati sempre al cervello, ma sono indirizzati a un altro tipo di neuroni, Gcg, che vengono attivati più lentamente e che, in buona sostanza, decidono quando smettere di mangiare tenendo a bada l’appetito e mettendo un freno alla golosità. L’equilibrio tra i diversi segnali, inoltre, determina la velocità con cui ci nutriamo.

Nuove prospettive

Gli studiosi di San Francisco hanno fatto varie osservazioni su modelli animali. Nelle loro analisi e ricerche, hanno visto che i neuroni PRLH venivano attivati dall’intestino quando venivano somministrati cibi liquidi a base di grassi, proteine, zucchero, vitamine, e minerali. Allo stesso modo, quelle cellule cerebrali erano messe in moto quando i modelli animali potevano mangiare o leccare liberamente lo stesso alimento se era dolce. In questo caso i neuroni coinvolti nel processo erano stimolati già dalle papille gustative. Diversamente, in caso di cibo salato o amaro, i neuroni rimanevano spenti in caso di cibo salino o non dolce. Quello evidenziato dallo studio dei ricercatori californiani è lo stesso circuito nervoso su cui vanno ad agire alcuni farmaci anti-diabetici e alcuni medicinali dimagranti. La ricerca potrebbe aprire la strada a nuove cure efficaci nella lotta all’obesità.