Digiuno intermittente scudo contro le infiammazioni
Uno studio mostra il meccanismo per cui la restrizione calorica rafforza le difese dell’organismo
Negli ultimi tempi si è parlato spesso delle caratteristiche e dei benefici del digiuno intermittente, come modo per perdere peso e per fare prevenzione. Con le loro esperienze dirette positive, poi, alcuni personaggi pubblici sono diventati testimonial spontanei dello schema alimentare in questione, dall’immunologa italiana Antonella Viola all’epidemiologo Franco Berrino, fino al premier del Regno Unito Rishi Sunak, per citarne alcuni. L’astensione dal cibo può essere osservata per 12 ore, 16-18 ore – rinunciando alla cena -, 24 ore – evitando di fare i due pasti principali – o, in alcuni casi, persino 36 ore.
Inibitore dell’infiammazione
Una nuova ricerca, messa a punto da scienziati di Cambridge insieme ad alcuni colleghi americani, avrebbe messo in luce il modo in cui la restrizione calorica temporanea – a prescindere dal metodo seguito e dalla sua durata – contribuirebbe a contenere e a far diminuire lo stato di infiammazione dell’organismo.
Una condizione, quest’ultima, che costituisce di frequente la premessa di numerose patologie croniche comuni:
– diabete di tipo 2 – obesità – malattie cardiache.
Il punto chiave attorno a cui si snodano le argomentazioni del team di Cambridge, riportate su Cell Reports, è che digiunare a intermittenza aiuterebbe a ridurre i livelli di acido arachidonico nel sangue, una sostanza che, per l’appunto, inibisce l’infiammazione.
Sensore in tilt
L’infiammazione non è altro che la risposta naturale interna del corpo a lesioni o infezioni. Tuttavia gli stati infiammatori possono essere provocati anche dal cosiddetto inflammasoma, un complesso multiproteico che funziona come un sensore, simile, nelle dinamiche, a quelli dei sistemi di sorveglianza che conosciamo. Ebbene, come se fosse un dispositivo di vigilanza, l’inflammasoma si aziona all’interno delle cellule e, per così dire, lampeggia e si mette a suonare quando si sente minacciato e percepisce di aver subito dei danni. Una delle funzioni è distruggere le cellule indesiderate rilasciandone il contenuto nell’organismo: ecco, dunque, un altro modo in cui può innescarsi l’infiammazione.
Risultato sorprendente
Quello che hanno scoperto gli scienziati britannici e americani è che saltare uno o due pasti e limitare l’apporto calorico, con costanza e regolarità, porta a un innalzamento dei livelli del citato acido arachidonico, che è un lipide. Di più. I ricercatori hanno osservato che quando i soggetti che hanno partecipato al loro studio riprendevano a mangiare, le quantità di quella molecola lipidica presente nel sangue diminuivano. Per gli studiosi è stata un po’ una sorpresa, dato che in precedenza si riteneva che l’acido arachidonico fosse collegato a un incremento dei picchi infiammatori, non a un loro calo come invece è emerso dal report diffuso su Cell Reports.
Cautela
Ha spiegato Clare Bryant del Dipartimento di medicina dell’università di Cambridge: “Negli ultimi anni è diventato evidente uno specifico inflammasoma, Nlrp3, molto importante in una serie di patologie come l’obesità e l’aterosclerosi, ma anche come l’Alzheimer e il Parkinson, malattie delle persone di età più avanzata, in particolare nel mondo occidentale”. Per gli scienziati l’effetto dell’acido arachidonico, così come è stato osservato da loro nelle loro analisi, potrebbe anche aiutare a spiegare alcuni benefici legati a farmaci come l’aspirina. Sarebbe invece prematuro – hanno rimarcato Bryant e i suoi collaboratori – spingersi oltre e affermare che il digiuno protegga da malattie neurodegenerative come quelle indicate dal momento che gli effetti dell’acido arachidonico tendono a durare poco.