Agrumi, un bel mondo da scoprire
Derivano tutti da tre ceppi principali, arrivati in Europa in tempi lontani dall’India, dalla Malesia e dalla Cina
Arance, mandarini, limoni e così via sono i protagonisti della tavola dell’inverno e non solo, e sono anche fantastici alleati della salute. Lo sapevano bene i marinai che nei secoli scorsi ne facevano scorta per i lunghi viaggi, per combattere lo scorbuto causato dalla carenza di vitamina C, e proprio la ricchezza di questa vitamina e di potassio li rende preziosi anche oggi. Tra gli agrumi più noti in Italia ci sono arance, mandarini, mandaranci, pompelmi, pomeli, cedri, limoni, lime. Sono tanti ma derivano da soli tre gruppi principali: cedri provenienti dal nord-est dell’India e dalla Birmania, pummeli arrivati dalla Malesia, dall’Indocina e dal sud-est della Cina, mandarini anch’essi cinesi.
È proprio in Cina che troviamo un riferimento agli agrumi già in un documento di 4mila anni fa, e un altro del 1178 è dedicato alle arance, che sono un incrocio fra mandarino e pompelmo. Frutti antichi, come lo è il gustoso kumquat o mandarino cinese, il più piccolo agrume del mondo che si coltiva in Cina da oltre 4000 anni: fu portato in Inghilterra nel 1846 dal botanico Robert Fortune ed ebbe successo in Europa per il suo buon sapore ma anche perché, piccolo e resistente al freddo, si presta ad essere coltivato in vaso.
Dai luoghi di origine gli agrumi giunsero in Occidente nelle maniere più disparate: il cedro arrivò dalla Persia con le campagne militari di Alessandro Magno (356-323 a.C), fu chiamato «mela della Persia» e dalla Grecia giunse a Roma dove lo troviamo citato da Virgilio nelle Georgiche. L’arancio amaro, il limone e il pummelo arrivarono dall’Oriente alla Spagna con le popolazioni islamiche. Bisogna arrivare a un’epoca «moderna» per trovare in Italia l’arancio dolce, portato dall’Oriente dai mercanti verso il 1500.
Una delle varietà più diffuse in Sicilia, Washington Navel, deriva da una mutazione avvenuta nell’Ottocento in Brasile, a Bahia. Recente è anche il pompelmo, uno dei pochi agrumi nato non in Asia, ma a Barbados, frutto dell’innesto tra il pomelo e l’arancia: se ne hanno notizie in «The Natural history of Barbados» (1750) del reverendo e naturalista Griffith Hughes.
Per arrivare alle coltivazioni in Italia, in Sicilia, bisogna aspettare la fine degli anni ’60, ma fu un successo per le proprietà benefiche del frutto: la naringina, un flavonoide presente nella polpa, è antiossidante e anti-infiammatorio, e il pompelmo giallo aiuta ad eliminare i liquidi in eccesso quindi combatte la ritenzione idrica e la cellulite. Proprietà simili le troviamo nel mapo, infatti deriva da un incrocio fra il pompelmo Ducan e il mandarino tangerino. Anche il mapo è abbastanza recente, nato alla fine dell’Ottocento negli Stati Uniti e oggi coltivato in Sicilia e in Calabria.
D’altronde anche il suo parente prossimo, il mandarino, è arrivato da noi abbastanza tardi: lo troviamo coltivato nei dintorni di Parma solo nel 1842 e nel 1848-1849 nelle zone vicine a Genova e a Nizza. Infine il limone, un ibrido tra il cedro e l’arancio amaro, citato già in scritti arabi del X e XII secolo, arrivato dall’Oriente in Sicilia nel X secolo per conoscere grande popolarità nel Rinascimento, quando buccia, fiori e foglie venivano utilizzati per distillare i profumi.
Oggi conosciamo una quindicina di varietà di limoni, tutti troppo aspri per essere mangiati a spicchi come le arance tranne la varietà Tanaka, un ibrido naturale tra il limone e l’arancio dolce, che deve il nome all’esploratore americano Frank N. Meyer, che lo individuò nel 1908 nei pressi di Pechino e lo portò negli USA. C’è poi il lime o limetta, con un gusto simile al limone, ma più piccolo e meno aspro. Ci sono varie specie conosciute col nome di limetta, ibridi prodotti a partire dal cedro, dal mandarino, dal pomelo e dalla combava. In cucina ha un uso simile a quello del limone, e viene usata per cocktail come Caipirinha, Daiquiri, Mojito.
E a proposito di agrumi in cucina, oltre a mangiarli «nature», si prestano a ricette anche salate, da quelle famose come l’anatra all’arancia alle gustose insalate: il pompelmo si abbina con gamberi, avocado, scampi, carote; arancia finocchi e olive nere sono un gustoso contorno ipocalorico; il risotto al limone e gamberetti è un primo gustoso e facile da preparare. Così, con un po’ di fantasia, gli agrumi diventano ottimi alleati del gusto e della linea.
Giù la glicemia
Estratti di arancia, limone e vite rossa sono alla base di nuove formulazioni nutraceutiche per abbassare la glicemia alta, secondo gli studi dei ricercatori ENEA nell’ambito del progetto Med-Matrix-3. «Le diverse matrici vegetali sembrano favorire la captazione intracellulare del glucosio determinando un significativo aumento del contenuto di glicogeno, e un miglioramento dell’insulino-resistenza», spiega Barbara Benassi, responsabile del Laboratorio ENEA Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme alla collega Maria Pierdomenico e a Costanza Riccioni, responsabile di Esserre per ricerca e sviluppo. Il team ha studiato l’insulino-resistenza trattando cellule di fegato umano con gli estratti naturali per verificare l’effetto ipoglicemizzante di antocianine e flavononi, molecole di cui vite rossa e agrumi sono ricchi.
L’insulino-resistenza è uno stato patologico in cui le cellule bersaglio, in particolare fegato, muscolo e tessuto adiposo, non rispondono ai normali livelli di insulina circolante, con alterazione dell’equilibrio glucidico e lipidico. Se ulteriormente validati, questi risultati sperimentali aprirebbero la strada all’utilizzo di formulazioni con flavonoidi ottenuti da estratti di limone, arancia e vite rossa come nutraceutici per il controllo della glicemia e dell’insulino-resistenza in soggetti a rischio o che accusano effetti collaterali se assumono farmaci ipoglicemizzanti convenzionali.