Roma, 27 luglio 2024 – La Via Appia diventa Patrimonio dell’Unesco: è il 60° sito riconosciuto come tale in Italia. A deliberarne l’iscrizione è stato il Comitato del Patrimonio Mondiale riunito a New Delhi.
Una vittoria particolarmente importante, considerando che è la prima candidatura promossa direttamente dal ministero della Cultura, che ha coordinato e seguito tutte le fase del processo, curandone la documentazione. A collaborare, anche le regioni Lazio, Campania, Puglia e Basilicata, 13 città metropolitane e province, 74 comuni, altre innumerevoli realtà locali, 14 parchi e 25 università. Senza contare il prezioso contributo del ministero degli Affari Esteri e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede.
"Esprimo tutta la mia soddisfazione e il mio orgoglio per il grande risultato ottenuto – ha commentato Gennaro Sangiuliano – L'Unesco ha colto l'eccezionale valore universale di una straordinaria opera ingegneristica che nei secoli è stata essenziale per gli scambi commerciali, sociali e culturali con il Mediterraneo e l'Oriente”. Il ministro ha ringraziato le realtà locali che hanno lavorato alla candidatura, i quali potrebbero essere i primi ‘beneficiari’: “È un riconoscimento del valore della nostra storia e della nostra identità, dal quale può nascere una valorizzazione in grado di portare benefici economici ai territori interessati”.
La storia
La costruzione della Via Appia cominciò nel 312 a.C., allungando fino a Capua una precedente strada che univa Roma ai Colli Albani. In seguito, il percorso fu ulteriormente esteso fino a Benevento (all’epoca, Maleventum) prima e Taranto poi (Tarentum). Importantissima per i commerci, in quanto legava le fiorenti città della Magna Grecia, la Via Appia fu anche teatro della crocifissione di Spartaco e degli altri schiavi che si ribellarono.
Il declino della strada cominciò con l’affermazione della Via Traiana, e cadde definitivamente in disgrazia dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C. per via della carente manutenzione.
Per anni il tratto tra Puglia e Basilicata è stato perduto, venendo riportato alla luce solo nel Novecento. La porzione che unisce Roma a Capua è invece sempre rimasta nota.