Roma, 10 novembre 2022 – “Quando il professore è tornato con la prima verifica di arte ho trovato il mio nome d'elezione barrato e ci aveva riscritto il mio nome alla nascita”. A raccontare cosa è successo l’altra mattina al Liceo scientifico Cavour di Roma è il ragazzo di 17 anni vittima della discriminazione di un docente, che non ha voluto riconoscere l’identità di genere del ragazzo. Lo studente – che ha da poco ottenuto di fare la carriera alias, ottenendo quindi la possibilità di usare il nome di elezione – non solo si è visto rifiutare la verifica da parte di un suo professore, ma è stato umiliato da una frase choc: “Non mi interessa il regolamento: davanti a me ho una donna, non posso riferirmi a te diversamente". Un caso di discriminazione che ricorda la vicenda di Cloe Bianco, la docente trans a cui è stato negato il diritto di insegnare.
“Il prof mi ha urlato contro: vedo una donna”
Nato geneticamente femmina, si sente un ragazzo da quando aveva 15 anni. Lo ha detto ai genitori con molte difficoltà e, per questo, ha intrapreso un percorso presso i servizi pubblici che si occupano di disforia, un'alterazione dell’umore. Il 17enne sta aspettando di iniziare una cura ormonale per attivare la transizione di genere. Il liceo scientifico Cavour permette agli studenti di intraprendere la carriera alias – ovvero di avere il nome di elezione, da maschio in questo caso – sia sul registro che sui documenti scolastici. Ed è stato il primo liceo in Italia a farlo. Cosa che il 17enne ha fatto.
“Quando sono andato a protestare, il professore mi ha urlato contro che quello che vedeva lui era una donna, ho preso il telefono per mostrargli il regolamento di scuola sulla carriera alias e lui ha detto che non gli interessava”. Una frase durissima che è arrivata a destinazione come una coltellata al cuore. “Mi ha umiliato – ricorda il 17enne – perché mi ha chiamato più volte con il mio nome di nascita di fronte a tutti. A quel punto sono scappato di classe, la mia prof di sostegno mi ha chiesto dove andassi e le ho detto che andavo in presidenza, avevo paura che mi prendesse un attacco di panico”. Al ragazzo, che ha la certificazione Pei, è stato accordato un insegnante di sostegno. In presidenza la scena si è ripetuta con un alterco tra vice preside e professore. “La vicepreside mi ha dato ragione e ha detto che se si fosse ripetuto avrebbe preso provvedimenti, ma per me una volta basta e avanza!”, conclude il 17enne.
Caso isolato? I dati dicono di no
Un caso isolato? Tutt'altro: la stessa cosa potrebbe capitare in molte altre scuole, a maggior ragione laddove non c'è ancora stata una tale apertura formale. Perché, come segnala una recente indagine di Skuola.net che ha coinvolto 1.800 alunni delle scuole superiori, nei nostri istituti la strada per il pieno riconoscimento dei diritti Lgbtq+ è ancora molto lunga. Solo il 28% degli intervistati dice che si respira un clima di inclusività e integrazione verso la comunità LGBTQ+. Mentre più della meta' (53%) non nasconde il verificarsi di alcuni episodi di dissenso e discriminazione. Senza sottovalutare quel 19% che rivela di frequentare una scuola in cui ci sono frequenti episodi di esclusione.
"La necessità di una educazione all'affettività e alla sessualità per gli alunni, che comprenda tra i suoi temi quello del rispetto dell'altro e della sua identità, è un tema che difendiamo da tempo – sostiene Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net - ma i più recenti fatti di cronaca manifestano che tale necessità non riguarda solo gli studenti, ma anche la classe docente. La mia è una provocazione, ma la verità è che quando si è in cattedra non ci si può dimenticare che il compito di un insegnante non è solo quello di spiegare una materia e organizzare le adeguate verifiche, ma anche quello di guidare gli studenti e dare loro un esempio. Perché la tolleranza e il rispetto si possono e si devono imparare anche a scuola".
La ricerca di Skuola.net: i risultati
Quasi la metà delle ragazze e dei ragazzi coinvolti dalla ricerca sull’inclusività realizzata da Skuola.net rivela che, nella propria scuola, temi come l'orientamento sessuale e l'identità di genere siano poco considerati: a dirlo è il 44% del campione. Sempre meglio di quel 34% che racconta che nel proprio istituto questi argomenti sono quasi un tabù. Alla fine, solamente 1 su 5 ha frequentemente occasione di parlarne in classe. Ma anche tra gli studenti non tutti la vedono allo stesso modo: se oltre 8 su 10 si dicono del tutto o in parte pronti alla svolta, il 17% è invece diviso tra chi è ''tendenzialmente contrario'' e chi invece è “assolutamente contrario”. Se questa è lo scenario teorico, figurarsi che succede quando si tratta di tradurre le idee in pratica. La già citata carriera alias? Appena il 10% dice che è stata attivata nella propria scuola. La metà degli intervistati (50%), al contrario, afferma che, pur essendoci qualche alunno che la sfrutterebbe volentieri – perché in transizione o comunque con un'identità sessuale non definibile col tradizionale binomio maschio-femmina – tale opportunità non esiste e non è prevista a breve la sua attivazione. Tutti gli altri, invece, dicono di non avere informazioni a riguardo o di non avere compagni di scuola che ne potrebbero avere bisogno.
Tutti gli altri, invece, dicono di non avere informazioni a riguardo o di non avere compagni di scuola che ne potrebbero avere bisogno. Inoltre, laddove la carriera alias è stata attivata, l'iniziativa è stata quasi sempre degli studenti: nel 77% dei casi con richieste specifiche, mentre un timido 13% ha confermato di aver manifestato per l'ottenimento di questo strumento. Stesso discorso per l'introduzione di bagni neutri nelle scuole: solamente il 17% li ha a disposizione, mentre il 72%, anche a fronte di potenziali utenti, non ha trovato una scuola aperta all'ascolto. E quasi sempre ci si è arrivati dopo accese proteste (32%) o quantomeno una richiesta formale (58%). Appena 1 scuola su 10 è arrivata a queste decisioni in autonomia. Eppure i numeri ci dicono che l'argomento non dovrebbe passare così in sordina. Perché oltre 1 studente su 2 conferma la presenza di persone omo/bi/transessuali nella propria scuola.