Roma, 19 dicembre 2024 – Condannato all’ergastolo. La Corte d’Assise di Roma ha deciso il massimo della pena per Costantino Bonaiuti, riconosciuto colpevole dell’omicidio della sua ex, l’avvocata Martina Scialdone, freddata con un colpo di pistola il 13 gennaio del 2023 fuori da un ristorante in zona Appio Latino. Aveva 34 anni.
La procura contestava l’omicidio volontario chiedendo il riconoscimento delle aggravanti: premeditazione, legame affettivo, motivi futili e abietti. Bonaiuto era accusato anche di porto d’arma abusivo. La vittima "voleva troncare la relazione – ha asserito il pm durante la requisitoria - ciò che ha fatto deragliare Bonaiuti è stata la volontà della donna di essere libera e di avere una altra relazione". La Corte avrebbe accolto tutto l’impianto accusatorio.
La madre di Martina in lacrime: “Non ci sono vincitori”
Alla lettura della sentenza, la madre e il fratello di Martina Scialdone si sono abbracciati e hanno pianto. "E' andata come speravamo e pensavamo, come volevamo. E' stata fatta giustizia", ha commentato Lorenzo Scialdone uscendo dall’aula. Per la donna “non ci sono né vinti né vincitori, l'unica perdente è mia figlia che non c'è più”. “C’è la sofferenza di tante famiglie, oltre alla mia – ha aggiunto – io comunque mi metto anche nei panni dei familiari dell'assassino che passeranno dei brutti momenti. Non è che questa cosa mi renda felice”. In tribunale erano presenti sia gli amici della vittima che i parenti dell'imputato.
La ricostruzione dell’accusa
Così la pm Barbara Trotta ha ricostruito l’omicidio: Bonaiuti e Scialdone hanno iniziato a litigare nel ristorante. Il tono del diverbio si è alzato a tal punto che la donna ha trovato rifugio nel bagno. Piangeva. A quel punto è intervenuto il proprietario del locale, zittito dal Bonaiuti con un “Fatti i c. tuoi”. L’uomo a quel punto ha chiamato il 112. Ma non è bastato.
Agli atti del processo c’è una telefonata fatta dall’imputato alla ex moglie: alla donna Bonaiuti parla di un “colpo partito per sbaglio”. E poi le testimonianze delle amiche secondo le quali Scialdone era spaventata perché già in passato l’uomo si era trasformato in un “cane rabbioso”.
Il pentimento dell’imputato
In aula l’imputato ha chiesto perdono. “Dio mio fa che non l'ho presa - ha detto raccontando del momento dello sparo -. Sono un cadavere vivente da quel giorno, mi trascino”. in udienza ad aprile aveva detto di “pregare ogni giorno per Martina: continuo a vederla, quel giorno siamo morti in due”.