Roma, 7 febbraio 2023 - Condannare all'ergastolo Rassoul Bissoultanov per l'omicidio di Niccolò Ciatti. Riconoscere la penale responsabilità dell'imputato e comminare il massimo della pena, quella dell'ergastolo. Questo non resituirà Niccolò ai genitori, ma ci darà un senso di giustizia. Non dovrete concedere circostanze attenuanti" Così, chiedendo l'ergastolo, ha concluso la sua requisitoria il pm Erminio Amelio davanti ai giudici della corte d'assise della Capitale nel processo per l'omicidio di Niccolò Ciatti, avvenuto in una discoteca di Lloret de Mar in Spagna nella notte tra l'11 e il 12 agosto 2017, di cui è accusato il ceceno Rassoul Bissoultanov, che risulta latitante da tempo, da subito dopo la condanna in Spagna a 15 anni di reclusione.
Condanna a 23 anni
Nel giro di poche ore è arrivata la sentenza: niente ergastolo: una condanna a 23 anni per Rassoul Bissoultanov. I giudici hanno riconosciuto l'omicidio volontario ma hanno escluso nei confronti dell'imputato, attualmente latitante, le aggravanti. Il cittadino ceceno è già stato condannato a 15 anni di carcere in Spagna per la stessa vicenda ma al momento è latitante.
Il papà di Niccolò: "Valuteremo ricorso come in Spagna"
"E' sicuramente una condanna più significativa di quella che è stata comminata in Spagna. Credo che la corte abbia riconosciuto della attenuanti che sinceramente comprendo poco". Lo ha detto il signor Luigi Ciatti, papà di Niccolò, dopo la sentenza di condanna emessa stasera a 23 anni di carcere per Rassoul Bissoultanov. "Valuteremo se presentare un ulteriore ricorso anche qui in Italia come stiamo facendo in Spagna - ha aggiunto papà Luigi -. Tanto la nostra non e mai soddisfazione né contentezza. Il vero condannato, innocente, è stato in primo luogo mio figlio e di conseguenza noi che sopravviviamo a lui con quella amarezza che può avere solo un genitore che perde un figlio".
"Omicidio in pochi secondi"
"L'omicidio oggetto di questo processo è stato commesso in pochi secondi. A questo tremendo crimine hanno assistito molte persone, gli amici della vittima" - aveva ricordato il pm nella sua requisitoria. "L'omicidio volontario è un assassinio - aveva detto - perché è atto di crudeltà e di barbarie che toglie la vita". Secondo quanto isolato da un video interno della discoteca, e che è stato acquisito agli atti ed oggetto di analisi, Niccolò è stato colpito con un fatale calcio alla testa quando era steso a terra. I giudici, all'apertura dell'udienza, stamane, hanno respinto una istanza del difensore per l'ascolto di un ultimo testimone, il dj spagnolo che era presente quella sera in consolle e che era già statao sentito nel processo celebrato in terra iberica e che si è concluso lo scorso anno con la condanna di Bissoultanov a 15 anni di reclusione.
"Violenza cieca"
"Era drogato l'imputato? Non gli hanno fatto il test e quindi questo fatto non lo possiamo contestare. Ci sono però le molte testimonianze che indicano cosa sia successo". Così aveva argomentato il pm Erminio ripercorrendo quanto avvenuto nella discoteca in cui fu colpito Niccolò. "Sia Bissoultanov che gli altri suoi compagni 'picchiavano come forsennati' hanno spiegato più testi. I ceceni hanno usato 'forza disumana', una 'violenza cieca che distribuivano a destra e manca'". Il pubblico ministero ha poi spiegato: "I testi sono attendibilissimi. Le loro dichiarazioni sono genuine, dettagliate, circostanziate. Riportano fatti accaduti sotto la loro diretta percezione. Non hanno parlato per fare un piacere a Niccolò od ai suoi genitori. Hanno parlato per amore della verità". E "già questo racconto dei testimoni basterebbe per fondare una sentenza di condanna", ma il video del circuito interno alla discoteca è talmente eloquente che non lascia dubbi".
Bissoultanov come "un toro impazzito"
Il magistrato aveva poi invitato a guardare le immagini leggendo insieme le testimonianze. "C'è una totale sovrapposizione, è lo stesso film". Bissoultanov, comunque, ha agito come "un toro impazzito, con lo sguardo fuori dalle orbite". Ed il calcio dato alla testa di Niccolò quando il giovane di Scandicci era già a terra, è stato sferrato con il collo del piede, con cieca ferocia ed una tecnica tipica da combattimento Mma". Il pm Amelio ha ricordato che agli atti del processo ci sono documenti che comprovano come Bissoultanov fosse un atleta di lotta Mma (Mixed Martial Arts, ossia arti marziali miste, ndr). "Lui ne era cultore e praticante di questa tecnica di combattimento", aveva aggiunto. "Un suo allentatore ha spiegato che l'imputato era un un ottimo atleta, e non aveva potuto partecipare alle Olimpiadi per la Francia a causa di problemi connessi alla cittadinanza".
Il secondo calcio alla testa, quando Ciatti era già a terra
"E la vittima cosa ha fatto?" - si è chiesto Amelio - "Niccolò ed i suoi amici avevano bevuto solo qualche bicchiere, ma il valore dell'alcool nel sangue permetteva di guidare tranquillamente. E va sottolineato, guardando il video del pestaggio, Niccolò Ciatti non ha insultato od aggredito nessuno. Non era ubriaco o sotto l'impulso di sostanze stupefacenti". "L'imputato ha voluto uccidere? Il calcio sferrato è stato assolutamente gratuito. Niccolò era inerme a terra. Perché gli ha datto un altro calcio? Perché alla testa? Andate a vedere il fermo immagine. Perché quel calcio alla testa esprime la precisa volontà di fare male. Andate a vedere quelle immagini nella loro crudezza". Poi aveva sottolineato: "La volontà di fare male si capisce anche dal tentativo di litigio con gli addetti alla sicurezza del locale. Quel calcio è un gesto definitivo".
Ciatti come Willy, uccisi dalla tecnica Mma
"L'imputato voleva uccidere Niccolò. Anche sotto la formula del dolo eventuale, Bissoultanov ha accettato il rischio che con la sua condotta si potesse verificare". Il magistrato aveva anche ricordato il caso di Willy Monteiro Duarte. "Anche lui è stato vittima di una azione violenta, in un pestaggio, e con colpi preparati grazie alla tecnica Mma". Richiamando la decisione iberica ha detto: "Non c'è stata alcuna provocazione preventiva". Omicidio Ciatti, al via processo senza imputato. Padre di Niccolò: “Vogliamo giustizia"