Roma, 23 novembre 2024 – Al grido di "disarmiamo il patriarcato", in migliaia hanno partecipato oggi al corteo nazionale di "Non una di meno”. Una “marea transfemminista” ha invaso Roma, da piazzale Ostiense fino a piazza Vittorio Emanuele I. "Siamo 150mila" hanno urlato al megafono le attiviste. In vista della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne (in programma lunedì 25 novembre), la manifestazione nazionale, che si è svolta in contemporanea anche a Palermo, ha voluto mettere in risalto i "106 femminicidi, trans*cidi e lesbicidi registrati nel 2024".
Bruciata la foto di Valditara
Momenti di tensione all’avvio del corteo quando alcuni manifestanti hanno bruciato la fotografia del ministro Giuseppe Valditara davanti al dicastero dell’Istruzione per dire basta alla violenza di genere.
A un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin e alla vigilia del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, il movimento femminista riaccende i riflettori su un problema ormai cronico in Italia, come emerge dai dati. “Dopo Giulia, altri 106 nomi, rimasti anonimi, si sono aggiunti alla lista dei femminicidi nell’ultimo anno”, spiegano i promotori della manifestazione, che hanno voluto rendere omaggio a Giulia e alle altre vittime di violenza con 'l'urlo muto', un minuto di silenzio prima di gridare la rabbia per ogni donna che non ha più voce e non potrà tornare a casa. E senza dimenticare Ahoo Daryaei, la studentessa iraniana che si è spogliata davanti all'università a Teheran per protestare contro l'imposizione del regime. In molte a Roma si sono tolte la maglietta, rimanendo a seno scoperto e hanno scandito a gran voce: "Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce". Davanti a loro uno striscione con il vecchio slogan, rispolverato per l’occasione, "il corpo è mio, decido io".
Flash mob davanti al Colosseo
Nei pressi del Colosseo, in testa al corteo, si è tenuto un flash-mob con fumogeni. Poi è stato esposto un lungo striscione fucsia con i nomi delle 106 vittime di femminicidio, lesbicidio e transicidio. "Come femministe e transfemministe sappiamo da che parte stare: dalla parte della resistenza palestinese, curda, iraniana, libanese. La rivoluzione sarà transfemminista, intersezionale, decoloniale o non sarà", hanno gridato le manifestanti sul carro. Quindi la piazza ha risposto in coro: "From the river to the sea Palestina will be free". Anche su viale Aventino, a ridosso della sede Fao, si è tenuto un flash mob analogo: "Non esisterà la liberazione delle donne senza la liberazione della Palestina. Agitate le chiavi per le donne palestinesi. Queste chiavi che rappresentano l'oppressione e la distruzione delle loro case", hanno detto le rappresentanti di “Non una di meno”.
“Il patriarcato esiste”
“Le parole del ministro Valditara confermano l'urgenza di scendere in piazza" – hanno detto dal movimento “Non una di meno” – il patriarcato esiste, non è ideologia, e il razzismo istituzionale non è la risposta. L'assassino, il violento, l'abusante sono figli della nostra società e hanno quasi sempre le chiavi di casa".
"Il patriarcato esiste e la guerra è la sua più brutale espressione che riafferma la legge della sopraffazione, del possesso, dello stupro. Sono le donne, i bambini, le persone lgbtqia+ a pagarne doppiamente il prezzo. Non vogliamo più assistere alla catastrofe quotidiana del genocidio in Palestina e della Guerra che si estende a macchia d'olio”, aggiungono esponenti dell'associazione.
“Ci vogliamo vive e libere”
"Mi hanno chiesto come si può ballare con 106 vittime dall'inizio dell'anno e io rispondo perché queste donne sono state uccise proprio perché volevano ballare, perché volevano essere loro stesse", ha detto una delle organizzatrici della manifestazione al megafono. "Il patriarcato agisce costantemente come una guerra sui nostri corpi – spiega Carlotta, rappresentante del movimento – una guerra che riguarda le limitazioni alla nostra possibilità di autodeterminarci, le limitazioni al diritto all'aborto, ma anche la violenza che subiamo quotidianamente nelle nostre case dalle persone delle nostre relazioni più intime. Questa è la stessa forma di violenza che poi agisce nella guerra e nelle guerre che vediamo nel mondo, che sono l'espressione più brutale della violenza patriarcale. Siamo qui per dire che la violenza è una questione strutturale, è una questione che riguarda l'organizzazione patriarcale della società e che dovrà essere smantellata per poter dire che ci vogliamo vive e libere".
Gli altri cortei
Cortei si sono svolti anche a Palermo, dove in testa hanno sfilato alcune vittime di violenza, insieme a donne disabili, e a Udine dove le Donne in Nero, una rete di attiviste per la pace hanno chiesto il cessate il fuoco in Palestina. A Milano è apparsa un'opera della street artist Laika dal titolo 'Smash the patriarchy'. L'immagine raffigura Giulia Cecchettin e Gisele Pelicot, sopravvissuta a uno stupro perpetrato in Francia da suo marito insieme a decine di altri uomini. Manifestazioni contro la violenza sulle donne anche a Parigi e nelle principali città francesi, dove uomini e bambini hanno sfilato al fianco delle manifestanti.
Intanto la Regione Lazio ha annunciato un bando rivolto a ipermercati, supermercati e discount per promuovere l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza e favorire la riconquista dell'autonomia.