Domenica 24 Novembre 2024
REDAZIONE ROMA

Inquinamento "irreversibile" di falde acquifere a Pomezia: Eni sotto accusa

L'azienda e due dirigenti, a conclusione delle indagini dei carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico della Capitale, sono ritenuti i responsabili del disastro ambientale: negligenza ed imprudenza per risparmiare sui costi

Eni accusata di aver inquinato le falde acquifere in località Santa Palomba a Pomezia

Eni accusata di aver inquinato le falde acquifere in località Santa Palomba a Pomezia

Roma, 7 aprile 2023 - Rischiano il processo per inquinamento ambientale due dirigenti dell'Eni in relazione al deposito carburanti di Santa Palomba di Pomezia, nella Città metropolitana di Roma: fuoriuscite di carburante avrebbero danneggiato in maniera irreversibile i tre livelli della falda acquifera. I carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico della Capitale hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari ad Eni Spa ed agli addetti - si sottolinea - ritenuti responsabili del reato di inquinamento ambientale.

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Inquinate le falde acquifere

Le indagini, dirette dal Procuratore della Repubblica di Velletri Giancarlo Amato e dal pm Ambrogio Cassiani, sono state condotte per circa un anno e mezzo dai militari del Noe ed hanno permesso di accertare che dal 2019 ad oggi, il deposito di carburanti di proprietà dell'Eni Spa, situato in località Santa Palomba di Pomezia, a causa della progressiva fuoriuscita di carburante da alcuni serbatoi, ha inquinato i terreni circostanti interessando, in maniera irreversibile, i tre livelli della falda acquifera.

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"Negligenza ed imprudenza per risparmiare sui costi"

L'attività investigativa, condotta anche attraverso accertamenti tecnici, ha messo in luce come l'azienda nel corso del tempo, per negligenza ed imprudenza e per ottenere un risparmio sui costi dovuti all'adeguamento dei criteri di sicurezza ed alle manutenzioni, ha omesso di installare i doppi fondi in alcuni serbatoi contenenti jet-fuel e benzina e non ha provveduto ad impermeabilizzare con il cemento i bacini di contenimento attorno ai serbatoi, costituiti invece da terreno permeabile e favorendo così lo sversamento. Ad Eni è stata anche contestata la responsabilità amministrativa in quanto il modello organizzativo non prevedeva appositi protocolli sulla prevenzione in materia di perdita di carburanti dai serbatoi che potessero prevenire i reati ambientali.