Roma, 13 settembre 2022 – Ci sono troppi punti oscuri nel “caso Hasib Omerovic”, il 36enne rom precipitato dalla finestra della sua camera durante una perquisizione senza mandato della polizia. L’uomo, sordomuto di origine rom e con un ritardo cognitivo, si è schiantato al suolo dopo un volo di nove metri dal palazzo in cui abitava. In casa, in quel maledetto giorno dello scorso 25 luglio, c’era solo la sorella 16enne di Hasib, anche lei disabile.
Hasib è ricoverato al Policlinico Gemelli in condizioni gravissime: l’uomo è in coma vigile, sta lottando tra la vita e la morte da settimane e la famiglia teme di perderlo da un momento all’altro. Secondo la denuncia presentata dalla madre Fatima Sejdovic, l’uomo sarebbe stato picchiato da quattro poliziotti – tre uomini e una donna – e poi gettato dalla finestra. Intanto la Procura di Roma ha aperto le indagini per tentato omicidio.
Il caso Omerovic, cosa sappiamo:
- La famiglia: “Spostateci, abbiamo paura”
- I punti da chiarire
- Il racconto della sorella: unica testimone
- Le tracce di sangue, il bastone spezzato e i lamenti
- Il post su facebook
- Il Ministero: “Far luce con la massima trasparenza”
- Ilaria Cucchi: “Attendiamo risposte”
La famiglia: “Spostateci, abbiamo paura”
Dopo che il caso è arrivato in Parlamento, la situazione è precipitata. La famiglia Omerovic ha chiesto di essere spostata dalla zona di Primavalle perché “ha paura”. È quanto annuncia l'avvocato Arturo Salerni, legale dei genitori e della sorella dell'uomo. “Alla luce di quanto emerso, per ragioni di sicurezza – afferma il penalista – la famiglia ha chiesto di essere allontanata da quella zona”. E questo anche perché la perquisizione, secondo quanto si apprende, era scaturita da alcune segnalazioni – riportate anche in un post sulla pagina Facebook del quartiere, poi cancellato – in cui Omerovic era accusato di avere molestato alcune ragazze.
La famiglia Omerovic abita a Primavalle solo da tre anni. “Ora abbiamo paura, non ci sentiamo sicuri nemmeno ad andare in ospedale, ci sentiamo seguiti e minacciati”, dicono i familiari.
I punti da chiarire
Sono tante le zone d’ombra sulle quali la Procura dovrà fare luce. L’unica certezza emersa finora è che quella perquisizione effettuata nell’abitazione del 36enne non era autorizzata da nessun mandato della Procura. Non è chiaro se l’iniziativa sia stata presa direttamente dai quattro agenti, che avrebbero deciso di bussare alla porta del disabile dopo avere intercettato il post sui social con le minacce: “Importuna le ragazze, dobbiamo intervenire”. Oppure se sia stata decisa da un funzionario della Questura o della Squadra Mobile di Roma.
Un altro nodo da sciogliere è la caduta in condizioni misteriose. Secondo la famiglia, l’uomo sarebbe stato buttato giù dalla finestra dagli agenti. Ma una delle ipotesi al vaglio è che l’uomo, che avrebbe un ritardo cognitivo, potrebbe avere dato in escandescenza alla vista delle divise. E, a quel punto, potrebbe essere successo di tutto, anche una caduta volontaria in preda al terrore o a una crisi di panico, oppure una colluttazione finita in tragedia.
Il racconto della sorella: unica testimone
“Un poliziotto mi ha detto al telefono che mio figlio era caduto e si era rotto un braccio. Ma quando siamo arrivati al pronto soccorso, ci hanno detto di aspettare 48 ore per sapere se Hasib sarebbe sopravvissuto”, racconta la madre Fatima. Le ore sono diventate giorni e poi settimane: il 36enne è ancora in coma vigile al Policlinico Gemelli.
È stato il racconto della sorella minore – la 16enne Sonita, anche lei disabile – a fare scattare le indagini. La ragazza ha raccontato alla famiglia che gli agenti avrebbero picchiato il fratello con un bastone, per poi afferrarlo per i piedi e buttarlo giù dalla finestra della sua camera da letto. I poliziotti hanno suonato alla porta di casa mentre i genitori e un’altra sorella erano dal meccanico. Secondo la versione della sorella, la colluttazione sarebbe iniziata già in salotto, dove il 36enne si sarebbe aggrappato ad un termosifone per evitare la caduta. E quel calorifero sarebbe stato divelto dal muro. Dopodiché Hasab si sarebbe rifugiato in camera sua, la stanza da cui poi è precipitato al suolo dopo un volo di nove metri.
Le tracce di sangue, il bastone spezzato e i lamenti
Con l’avvio delle indagini, gli inquirenti hanno trovato tracce di sangue in casa, un lenzuolo macchiato e un bastone della scopa spezzato. Elementi sospetti che sono stati trovato il 12 agosto dagli inquirenti e posti sotto sequestro dalla Procura. Elementi determinanti per fare luce sul misterioso caso Omerovic. Alcuni vicini di casa avrebbero raccontato di aver sentito diverse volte i lamenti di Hasib, ma secondo loro a malmenarlo erano gli stessi familiari.
La finestra della camera aveva i vetri rotti: sarebbero stati infranti durante scoppiata in famiglia tre settimane prima della terribile caduta.
Il post su facebook
Il giorno prima della morte dell’uomo, su Facebook era comparso un post – poi cancellato – con la foto di Omerovic e l'avvertimento di fare attenzione a “questa specie di essere che importuna le ragazze”. Seguito da una minaccia: “Bisogna prendere provvedimenti”. Un post, secondo quanto si apprende, che non è sfuggito ai poliziotti del commissariato Primavalle. E, infatti, il giorno dopo si sono presentati in quattro, tre uomini e una donna, a casa di Omerovic e hanno bussato alla porta.
Il Ministero: “Far luce con la massima trasparenza”
Stamattina, il Ministero dell'Interno è intervenuto sul caso con una nota ufficiale. "In relazione all’intervento effettuato a fine luglio in zona Primavalle, dagli agenti del locale distretto di polizia, presso l'abitazione della famiglia Omerovic, il Dipartimento della pubblica sicurezza comunica che il capo della polizia, Lamberto Giannini, segue in prima persona gli accertamenti che la Questura di Roma sta effettuando, per far luce su quanto accaduto con la massima trasparenza, garantendo una costante collaborazione alla Procura della Repubblica". Hasib si trova in coma da 50 giorni.
Ilaria Cucchi: “Attendiamo risposte”
Sul caso è intervenuta anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, morto dopo un pestaggio dei carabinieri che lo avevano arrestato. "Mi auguro che venga fatta chiarezza a 360 gradi senza fare sconti a nessuno. Terrò gli occhi aperti su questa vicenda e attendiamo le risposte a tutti gli interrogativi ancora aperti", dice Ilaria.
“Non mi stancherò mai di denunciare tutte le storie dove c'è una violazione dei diritti umani", sottolinea Ilaria Cucchi, ora candidata al Senato con l'alleanza Sinistra Italiana- Verdi, che ha condotto una lunga battaglia per dare giustizia a suo fratello Stefano. "Su questo caso attendiamo risposte".