Venerdì 2 Agosto 2024
ALESSANDRO D’AMATO
Roma

Francesca Fagnani e le mani dei clan su Roma: “L’eredità criminale di padre in figlio”

Arrestati i rampolli di Nicoletti (Magliana) e Senese (camorra). La giornalista autrice di “Mala“: ”Sono imperi che durano da 40 anni. I boss sanno di poter trovare interlocutori ormai riconosciuti"

Roma, 10 luglio 2024 – Il riciclaggio attraverso gli idrocarburi non è una cosa nuova, come insegna l’inchiesta Petrolmafie. In questa operazione la novità è la saldatura tra clan di spicco della camorra come i D’Amico-Mazzarella e gli ‘ndranghetisti come i Morabito con le consorterie romane e laziali".

Francesca Fagnani
Francesca Fagnani

Francesca Fagnani, conduttrice di Belve, si occupa da anni di inchieste su mafia e criminalità organizzata e ha da poco pubblicato il libro Mala – Roma Criminale. E spiega che la centrale di riciclaggio scoperta dalla Dia e dalla Dda di Roma "dimostra che i clan trovano nella Capitale interlocutori ormai riconosciuti. Vuol dire che a Roma ci sono figure apicali che si sono saldate con le mafie tradizionali per interessi economici".

Secondo il Gip, a capo della centrale c’erano i figli dell’esponente della Banda della Magliana Enrico Nicoletti (morto nel 2020) e del boss Michele Senese.

"Sono nomi che tornano sempre. Roma è sempre stata città d’elezione per il riciclaggio perché la torta è grande e ci mangiano tutti. Nicoletti è un nome storico, negli anni si è occupato di estorsioni, usura, riciclaggio. Senese è una delle figure più importanti di Roma, anche se in carcere non gli è stato riconosciuto il 416 bis. Lui e il figlio hanno sempre avuto rapporti eccellenti con i clan calabresi e campani. Nell’inchiesta si racconta anche che Vincenzo Senese si lega a un personaggio vicino alla destra eversiva, ovvero Roberto Macori. La saldatura tra estrema destra e di questa criminalità organizzata è un altro dato nuovo".

Gli altri due settori utilizzati per il riciclaggio sono il cinema e la musica.

"E infatti uno dei coinvolti, Angelo Calculli, è il manager di tanti artisti: per esempio lo è stato di Achille Lauro. Poi c’è il produttore cinematografico Daniele Muscariello, che si trova già in carcere perché aveva già creato un sistema di riciclaggio di denaro sporco insieme a una delle figure apicali della mafia albanese, ovvero Elvis Demce".

E infatti nel libro racconta anche le connessioni tra la mala romana e la criminalità albanese. Quando è nato questo sodalizio?

"Gli albanesi sono cresciuti negli ultimi 15 anni. Sono arrivati a Roma come agenzia del crimine a disposizione per i lavori sporchi. Fornivano armi e sistemi logistici per il trasporto di droga. Venivano chiamati “i pugilatori“ perché molti venivano dalle scuole di boxe. Oggi sono talmente forti da parlare con i cartelli sudamericani. Stabiliscono i prezzi della droga nelle piazze e sono diventati produttori diretti non solo di marijuana in Albania, ma anche di cocaina in Perù".

All’epoca della Banda della Magliana si diceva che Roma non voleva padroni. Oggi la situazione è cambiata?

"Io nel libro sostengo un’ipotesi contraria. Negli anni abbiamo sempre incontrato nelle indagini gli stessi nomi. Questo significa che non è vero che Roma non vuole capi. Li vuole, perché altrimenti sarebbe difficile per camorra e ‘ndrangheta trovare interlocutori. La famiglia Senese ha creato un impero a Roma da quarant’anni. I personaggi che ruotano intorno ai tavoli che contano sono sempre gli stessi. Anche se a Roma c’è ritrosia a riconoscere il vincolo associativo, alla fine le indagini ruotano sempre intorno ai medesimi personaggi. E non lo scopriamo certo oggi".