Gigi Paoli
FIRENZE
ALLORA fu il postino. Oggi lidraulico. Da queste parti i Mostri non assomigliano ai serial killer della tv. Sono quelli che ti portano le bollette a casa. O che ti riparano il frigo. O che fanno la spesa con la mamma di giorno e poi di notte vanno a caccia di ragazze. Non è la tv dove cè Dexter, patinato assassino da prima serata. Qui è la vita vera, dove già una volta Firenze scoprì con sorpresa che il Mostro non era un nobile o un chirurgo o un professionista di chissà quale calibro e perversione. Proprio no. Dietro gli otto duplici omicidi cerano, crudelmente banali, i famigerati «compagni di merende» che anche dai soprannomi, a prenderli uno per uno, ci si chiedeva come cavolo avessero fatto a imbrigliare le menti più luminose della magistratura di allora. Vampa il contadino, Torsolo il postino e Katanga il grullo del paese: il Mostro erano loro. Pietro Pacciani che si autodefinì in aula «lavoratore della terra agricola» perché contadino gli suonava male; Mario Vanni, che alla domanda del giudice che gli chiedeva quale lavoro facesse, terrorizzato, mentre Pacciani lo fissava, rispose tutto dun fiato: «IosonostatoafadellemerendecoiPacciani». E giù risate del pubblico a rendere quel processo terribile sempre più grottesco. Il terzo compagno di merende era Giancarlo Lotti, il presunto supertestimone che a San Casciano i ragazzi del paese mandavano di corsa al campo sportivo dove erano appena atterrati i marziani. E lui ci andava, anzichéno.
EPPURE, lo dice la verità processuale, linafferrabile Mostro di Firenze si nascondeva dietro quelle scarpe grosse e quel cervello (poco) fino. Passati gli anni, tornato lincubo. Firenze ha scoperto allimprovviso che il maniaco delle prostitute era un altro mostro uscito dal lato oscuro del mondo che qui sembra allungare ciclicamente le sue ombre. Un violentatore di povere ragazze costrette ad accettare di tutto dalla fame, dalla disperazione e dalla droga. E dunque, chi mai poteva essere? Un emulo del Mostro quasi trentanni dopo il suo ultimo delitto? La città però, a differenza di quei cupissimi anni, non ha fatto in tempo a immaginarsi un colpevole. Perché la polizia, con un lavoro encomiabile, ha risolto il caso in tre giorni. Ed eccolo il nuovo maniaco delle notti fiorentine: un nobile o un chirurgo o un professionista? Macché, neanche stavolta. Un idraulico. O, come si dice a Firenze, un «trombaio».
Calvo e grassoccio, del maniaco seriale della tv non ha nulla. Solo lo sguardo lo tradisce dalle foto segnaletiche: occhi azzurri che si trasfiguravano in un freddo incubo mentre le sue vittime gridavano e si contorcevano dal dolore. Lo ha detto il procuratore Giambartolomei: è «il mostro della porta accanto» che nessuno simmagina mai di scoprire. Se non quando la porta è la tua o quella accanto a te. E allora è troppo tardi.
FIRENZE
ALLORA fu il postino. Oggi lidraulico. Da queste parti i Mostri non assomigliano ai serial killer della tv. Sono quelli che ti portano le bollette a casa. O che ti riparano il frigo. O che fanno la spesa con la mamma di giorno e poi di notte vanno a caccia di ragazze. Non è la tv dove cè Dexter, patinato assassino da prima serata. Qui è la vita vera, dove già una volta Firenze scoprì con sorpresa che il Mostro non era un nobile o un chirurgo o un professionista di chissà quale calibro e perversione. Proprio no. Dietro gli otto duplici omicidi cerano, crudelmente banali, i famigerati «compagni di merende» che anche dai soprannomi, a prenderli uno per uno, ci si chiedeva come cavolo avessero fatto a imbrigliare le menti più luminose della magistratura di allora. Vampa il contadino, Torsolo il postino e Katanga il grullo del paese: il Mostro erano loro. Pietro Pacciani che si autodefinì in aula «lavoratore della terra agricola» perché contadino gli suonava male; Mario Vanni, che alla domanda del giudice che gli chiedeva quale lavoro facesse, terrorizzato, mentre Pacciani lo fissava, rispose tutto dun fiato: «IosonostatoafadellemerendecoiPacciani». E giù risate del pubblico a rendere quel processo terribile sempre più grottesco. Il terzo compagno di merende era Giancarlo Lotti, il presunto supertestimone che a San Casciano i ragazzi del paese mandavano di corsa al campo sportivo dove erano appena atterrati i marziani. E lui ci andava, anzichéno.
EPPURE, lo dice la verità processuale, linafferrabile Mostro di Firenze si nascondeva dietro quelle scarpe grosse e quel cervello (poco) fino. Passati gli anni, tornato lincubo. Firenze ha scoperto allimprovviso che il maniaco delle prostitute era un altro mostro uscito dal lato oscuro del mondo che qui sembra allungare ciclicamente le sue ombre. Un violentatore di povere ragazze costrette ad accettare di tutto dalla fame, dalla disperazione e dalla droga. E dunque, chi mai poteva essere? Un emulo del Mostro quasi trentanni dopo il suo ultimo delitto? La città però, a differenza di quei cupissimi anni, non ha fatto in tempo a immaginarsi un colpevole. Perché la polizia, con un lavoro encomiabile, ha risolto il caso in tre giorni. Ed eccolo il nuovo maniaco delle notti fiorentine: un nobile o un chirurgo o un professionista? Macché, neanche stavolta. Un idraulico. O, come si dice a Firenze, un «trombaio».
Calvo e grassoccio, del maniaco seriale della tv non ha nulla. Solo lo sguardo lo tradisce dalle foto segnaletiche: occhi azzurri che si trasfiguravano in un freddo incubo mentre le sue vittime gridavano e si contorcevano dal dolore. Lo ha detto il procuratore Giambartolomei: è «il mostro della porta accanto» che nessuno simmagina mai di scoprire. Se non quando la porta è la tua o quella accanto a te. E allora è troppo tardi.
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