Roma, 18 luglio 2024 – La scelta più sofferta, quella di votare contro l’amica e alleata Ursula von der Leyen, arriva solo all’ultimo momento. A un certo punto si affaccia la possibilità di lasciare agli europarlamentari tricolori la facoltà di votare ognuno a modo suo. Un’enormità, che viene saggiamente smentita. A spingere verso il "no" è stato un principio di coerenza, spiega Giorgia Meloni quando tutto è finito, in un videomessaggio di 52 minuti: "Siamo rimasti coerenti con la posizione espressa nel Consiglio europeo di non condivisione del metodo e del merito".
Dopo aver girato a lungo, la pallina si ferma sulla casella dei ’duri e puri’ di FdI, che invocavano la necessità di non smentirsi: "Avevamo detto mai con i socialisti, e ora non possiamo votare con loro dopo che von der Leyen non ci ha dato niente". Sconfitti i fratelli dialoganti, che agitavano lo spettro di una rappresaglia nella composizione del nuovo esecutivo europeo. "Rischiamo di essere penalizzati nella nomina del commissario". Tra questi, c’era Raffaele Fitto, il commissario in pectore. Non l’ha presa bene, raccontano. Di sicuro, senza deleghe adeguate, non sarà lui il rappresentante italiano a Bruxelles. La premier ostenta ottimismo: "Non ho ragione di ritenere che la nostra scelta possa compromettere il ruolo che verrà riconosciuto all’Italia, paese fondatore e terza economia europea, nella Commissione". Ha ragione: l’establishment europeo l’ha isolata in quanto leader di una destra considerata poco meno impresentabile dei Patrioti, non come capo del governo italiano, e nessuno vuole fare sgarbi a Sergio Mattarella. È probabile che le deleghe, pur se non eccezionali, non saranno neppure di serie B.
Nel dibattito sulla ’schiena diritta’ si è fatto sentire anche Antonio Tajani, che ha messo in guardia la premier: "Di coerenza si muore". Ma il passo mosso a malincuore da Giorgia Meloni era quasi obbligato. Fino all’ultimo ha sperato che nelle linee programmatiche la candidata offrisse una scusa per votarla. Ma von der Leyen si è resa conto che tenersi in equilibrio tra destra e sinistra avrebbe significato rischiare grosso e ha deciso di sterzare in direzione degli ecologisti, acconsentendo alle loro richieste ed evitando ogni accenno che suonasse come ripensamento. A quel punto i giochi erano fatti. FdI, che annuncia il "no" a esito proclamato, è netta: "Von der Leyen si è consegnata ai Verdi, non potevamo votarla", taglia corto il co-presidente Ecr, Nicola Procaccini.
La Lega e FdI votano allo stesso modo, ma la maggioranza italiana non potrebbe essere più divisa. Salvini è scatenato: "Con la complicità dell’ennesimo inciucio, eletta von der Leyen. Un altro schiaffo a colpi di nuove tasse green, sbarchi e guerra, contro il voto di milioni di cittadini che chiedevano un cambiamento". Sembra il solito ruggito del leghista, ma sulla scelta di Meloni ha inciso il timore di vedersi soppiantare nel ruolo di paladina degli interessi nazionali proprio ora che il trumpismo negli Usa sembra essere alle porte. Voto identico, con spirito opposto. Tajani è pesantemente critico: "Le forze fuori dalla maggioranza Ue sono ininfluenti".
Allude ai Patrioti, ma il colpo di frusta lambisce anche i conservatori e Giorgia. Cinque anni fa il voto diverso sulla prima presidenza von der Leyen portò al crollo della maggioranza gialloverde, stavolta non andrà così, ma una batosta simile non resterà priva di conseguenze. Il centrosinistra, da Schlein a Conte, incalza: "L’Italia è irrilevante, mai eravamo stati all’opposizione in Europa". La premier protesta: "La collaborazione con Ursula prosegue". Ma è davvero più debole. I tricolori scommettono sul futuro: sperano che le divisioni nella euro-maggioranza riaprano spazi per il partito. Al momento la realtà è diversa. Per la premier quella di ieri è stata la giornata più nera dalla vittoria elettorale del 2022. L’obiettivo perseguito per oltre un anno di spostare a destra l’asse europeo con se stessa come perno dei nuovi equilibri è fallito. L’esito è opposto: Commissione sbilanciata a sinistra, leader dei conservatori e presidente del consiglio tenuta fuori dalla porta.