E, alla fine, l’Europa rischia di incagliarsi sull’ultimo iceberg, quello che tutti hanno visto arrivare senza saper bene cosa fare per aggirarlo. Sì, la partita delle valutazioni dei vicepresidenti esecutivi della nuova Commissione Ue è in pieno stallo, la tensione a Bruxelles è alle stelle. Ursula von der Leyen è alle prese con un testacoda di difficilissima soluzione, stretta tra i veti incrociati dei gruppi che compongono la sua maggioranza, ossia i Popolari di Manfred Weber da una parte e Socialisti con Liberali dall’altra: ma il vertice tra la presidente della Commissione e i leader dei due gruppi (Iratxe García Pérez per i socialisti e Valérie Hayer per i liberali), convocato ieri pomeriggio, si è concluso con una bruciante fumata nera. "Non c’è stato accordo", spiegano fonti parlamentari. "Ma tutti i canali di comunicazione restano aperti", aggiungono disperatamente i Socialisti.
Al centro dell’occhio del ciclone c’è pure l’italiano Raffaelle Fitto (Ecr), ascoltato martedì dalle commissioni competenti dell’Europarlamento insieme all’estone Kaja Kallas (Renew), alla romena Roxana Mînzatu (S&D), al francese Stéphane Séjourné (Renew), alla spagnola Teresa Ribera (S&D) e alla finlandese Henna Virkkunen (Ppe).
Un processo che si è rivelato un vortice di accuse e contro-accuse: "La leadership del Ppe è disposta a mettere a rischio la stabilità delle istituzioni Ue in un clima geopolitico difficile", attacca la capogruppo S&D Iratxe García Pérez, secondo la quale i popolari di Weber sono pronti a "rompere l’accordo politico delle forze democratiche filo-europee per amore di un’agenda distruttiva del Pp spagnolo che vuol fare della vicepresidente esecutiva designata Teresa Ribera il capro espiatorio per le inondazioni di Valencia. Di fatto ha preso in ostaggio il Ppe, spingendo l’intera Unione europea sull’orlo del baratro, nel modo più irresponsabile".
Sul piede di guerra anche i Verdi, con la copresidente Terry Reintke che accusa i Popolari di "mettere a repentaglio l’alleanza democratica dell’Europarlamento: attraverso la loro disperazione nel formare alleanze senza scrupoli con l’estrema destra, il Ppe sta minando il processo democratico di valutazione delle competenze dei candidati commissari".
Ovviamente la partita va oltre il litigio sui nomi. In pratica, Socialisti, Liberali e Verdi accusano la Commissione e il Ppe di essersi spostati troppo a destra, circostanza considerata pericolosa dati i risultati delle ultradestre alle scorse elezioni europee: va anche letta in questa luce l’indisponibilità a digerire la vicepresidenza esecutiva per Fitto, membro dei conservatori dell’Ecr, che non hanno votato l’Ursula bis.
Per quanto riguarda Ribera, il riferimento è all’ultimatum del Ppe spagnolo, disposto a dare il via libera alla vicepresidente designata solo se il 20 novembre riferirà in parlamento a Madrid sulla tragica alluvione: ebbene, all’audizione di due giorni fa, Ribera è stata crivellata di domande ostili in un fuoco di fila che vedeva i popolari iberici affiancati da destra e ultradestra. Sì, è una specie di cortocircuito.
Alla voce Fitto, i Socialisti – così dicono alcune fonti – avevano provato a convincere von der Leyen a far votare prima i cinque vicepresidenti dei gruppi di maggioranza, e solo dopo affrontare la votazione di Fitto: niente da fare. E allora in serata i Socialisti rincarano la dose: "Si è rotta completamente la fiducia con il Ppe, non c’è più. Fitto non avrà i voti dei socialisti in commissione Affari Regionali, in nessun caso. Non è una questione spagnola, né un problema con l’Italia o con Fitto, ma un problema con l’estrema destra. Il pacchetto dei vicepresidenti è da cinque, quelli di S&D, Renew e Ppe: noi negoziamo per quel pacchetto. Se vogliono votare Fitto con un’altra maggioranza, lo votino".
Dall’Italia, Giorgia Meloni punta alla chiave interna della battaglia in atto: "Per i socialisti e Schlein l’Italia non merita la vicepresidenza", dice la premier riferendosi al caso Fitto, nonostante che diversi nomi di primo piano del Pd a Strasburgo (tra cui Antonio Decaro e Pina Picierno) non avessero posto veti. Brando Benifei, eurodeputato dem, la sintetizza così: "Ursula ci ascolti, o in aula rischia".