Giovedì 23 Gennaio 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Vertice di maggioranza. Santanchè resta in bilico. Ancora stallo sulla Consulta

Meloni convoca i vicepremier. Secondo incontro con i capigruppo di FdI. Cresce il pressing per le dimissioni della ministra. La Russa: "Non ci siamo visti".

Meloni convoca i vicepremier. Secondo incontro con i capigruppo di FdI. Cresce il pressing per le dimissioni della ministra. La Russa: "Non ci siamo visti".

Meloni convoca i vicepremier. Secondo incontro con i capigruppo di FdI. Cresce il pressing per le dimissioni della ministra. La Russa: "Non ci siamo visti".

Niente di fatto. Se la premier sperava di risolvere d’incanto entrambi i problemi che si trova di fronte, o almeno il rebus della Consulta se non anche il caso Santanchè, è rimasta delusa. Nemmeno una telefonata tra lei e la leader del Pd, Elly Schlein, è riuscita a sbrogliare in zona Cesarini la matassa dell’elezione dei quattro giudici costituzionali che mancano all’appello. Di qui la malinconica sconvocazione della seduta fissata per oggi e il rinvio a giovedì 30 gennaio.

E pensare che ieri nel primo pomeriggio si era diffuso un certo ottimismo, complice la convocazione a Palazzo Chigi di un vertice dei leader con Giorgia Meloni all’ora di pranzo. Lo stallo invece continua: mancano due tasselli non precisamente secondari. E cioè: l’accordo nel centrodestra sul candidato di Forza Italia, che non può mandare alla Corte costituzionale né il viceministro Sisto né il senatore Zanettin, visto che la premier intende stoppare i passaggi diretti dal Parlamento alla Corte. Ma non ha nomi esterni in grado di soddisfare tutti: l’ultimo nome che gira in queste ore è quello di Andrea Di Porto. Non solo: Tajani se la deve vedere con Salvini che rivendica un “suo“ nome.

Ma è solo un corno del problema. Manca l’intesa sul candidato tecnico bipartisan (nelle scorse settimane si è tanto parlato di Luisa Corazza e Valeria Mastroiacovo). Sulla rosa di nomi avanzata dalle opposizioni non si trova la quadra: molti i "no" della premier. Il Quirinale guarda con attenzione i giri a vuoto in Parlamento, esercitando i poteri di verifica, consapevole dei tempi compressi in cui è costretta ad operare la Corte per i ritardi della politica, ridotta al plenum di 11 giudici invece dei 15 previsti.

Resta in sospeso anche il caso Santanchè, nonostante il pressing di Palazzo Chigi. Il presidente del Senato smentisce pure l’evidenza: "Nel pranzo di martedì con la premier non abbiamo proprio parlato della ministra del Turismo", dice Ignazio La Russa. E vengono archiviate come false anche le voci di un incontro tra Danielona e lo stesso La Russa nelle ore in cui i leader si riunivano con Meloni. È un fatto che proprio dopo il faccia a faccia tra la premier e il presidente del Senato le cose hanno preso una rincorsa arrestatasi di fronte al muro eretto dalla ministra. Che ostenta sicurezza, continua a convocare riunioni con organizzazioni di categoria, oggi parteciperà al consiglio di ministri e domenica sarà a Gedda in Arabia Saudita. Non incontrerà Giorgia Meloni che ha anticipato la sua visita in programma negli stessi luoghi di due giorni: "È un’esigenza legata ai bilaterali", la spiegazione nel suo giro.

L’idea che il dossier fosse quasi chiuso si è sparsa ieri a causa di una visita a Palazzo Chigi dei due capigruppo di FdI, Galeazzo Bignami e Lucio Malan (ufficialmente per parlare di autostrade) con quest’ultimo in predicato di diventare il nuovo ministro del Turismo. E la Santanchè magari risarcita con la poltrona di capo dei senatori.

Circola tutto e il contrario di tutto: qualcuno racconta che lei sarebbe pronta al passo indietro. Altri sostengono il contrario, ovvero che lei non ci pensa affatto come conferma in pubblico: "Me ne vado se lo chiede Meloni". La premier vuole che la ministra se ne vada perché si rende conto, a maggior ragione dopo la scottante esperienza del caso Sangiuliano, che la situazione – con un secondo rinvio a giudizio per l’accusa di truffa sulla cassa Covid che potrebbe arrivare in tempi strettissimi – è destinata a trasformarsi in uno stillicidio, da evitare a tutti i costi. Diffusa è la sensazione che le cose siano destinate a risolversi in un modo o nell’altro dopo il 29 gennaio, quando la Cassazione deciderà la competenza del procedimento per truffa all’Inps. Il rifiuto dello spostamento da Milano a Roma, suonerebbe come una campana a morto.

Insomma: la giornata finisce senza alcun risultato, se non quello, per il centrodestra, di mostrare una certa compattezza nell’Aula del Senato durante l’informativa di Salvini sulla situazione delle ferrovie, di fronte agli esponenti del Pd che sventolano cartelli con su scritto: "Chiedi scusa". I tempi, soprattutto per il caso Santanchè oramai stringono e la premier nei prossimi giorni dovrà trovare modo di chiudere la vicenda.