Roma, 21 novembre 2024 – Se è vero che tre indizi fanno una prova, Emilia-Romagna, Umbria e Liguria (insieme alle elezioni europee) ci consegnano il quadro di un Paese in cui la partecipazione alla vita politica è in crollo verticale. Ma è davvero così? Dipende da quanto lungo e largo orientiamo il nostro sguardo. Certo, i numeri dicono che le elezioni regionali svolte nel 2024, nel loro complesso, hanno evidenziato un significativo calo della partecipazione elettorale rispetto a quella registrata alle elezioni precedenti.
In Emilia-Romagna, in particolare, un terzo dei partecipanti alle elezioni del 2020 stavolta non si è presentato alle urne. Se orientiamo però lo sguardo alle regionali del 2014 (le prime a eleggere Stefano Bonaccini), scopriamo che la partecipazione fu più bassa rispetto a quella di questi giorni, addirittura sotto quota 40%. Una cosa molto simile accadde anche in Umbria: tra il 2019 il 2024 l’affluenza è certamente crollata, ma se facessimo il paragone con il 2015 registreremmo un calo nell’ordine dei tre punti percentuali, quindi una sostanziale stabilità.
Che cosa ha determinato il boom di partecipazione del 2020? In quei mesi la politica viveva un momento di particolare polarizzazione, che ruotava attorno alla figura del leader della Lega Matteo Salvini. Considerare quell’epoca come uno dei tanti esempi di personalizzazione della politica può però essere pericolosamente riduttivo. Più che Salvini, oltre Salvini, era un tema a dividere gli elettorati: l’immigrazione, posta dagli italiani tra le assolute priorità. Attorno alla gestione dei flussi migratori i due schieramenti avevano la possibilità di dividersi raccontando due visioni e ricette evidentemente contrapposte. Gli elettori, allora, potevano animarsi e percepire il proprio voto come decisivo, rappresentativo della loro profonda identità politica (che ancora esiste, quando i temi lo permettono). Nascevano proprio in quegli anni, e proprio in Emilia-Romagna, fenomeni di partecipazione giovanile come il movimento delle “Sardine“, che al momento non sembrano replicabili.
Nell’attuale epoca politica, che arriva dopo una pandemia e in mezzo a due conflitti, quando chiediamo agli italiani quale sia il problema principale da risolvere, in prima posizione troviamo la sanità. Su questo tema, però, le differenze tra gli elettorati sono molto più sfumate, e anche le ricette offerte dai partiti sono meno distanti (o in ogni caso, più difficili da trasformare in un racconto polarizzante). Tutto questo porta l’attuale corpo elettorale italiano a essere diviso in tre parti: una metà che non crede più al fatto che la politica sia in grado di risolvere i propri problemi (e quindi non vota), l’altra metà divisa in due tifoserie. Così si spiega anche la differente affluenza nelle due regioni: autoeliminatisi i ‘delusi’, le due tifoserie sono più motivate ad andare a votare quando la sfida è più aperta ed entrambe pensano di poterla vincere.
In Umbria si è votato di più, probabilmente, perché la sfida tra Tesei e Proietti era percepita come equilibrata, mentre in Emilia-Romagna l’affluenza più bassa ha probabilmente reso più largo il risultato in favore di de Pascale, la cui vittoria era vissuta come molto probabile. Dallo studio dei flussi elettorali realizzato dal Consorzio Opinio Italia per Rai, infatti, emerge come, tra coloro che sono andati a votare, Ugolini sia riuscita a far votare per sé quasi tutti coloro che nel 2020 avevano scelto la candidata del centrodestra, disperdendone pochissimi verso l’ex sindaco di Ravenna. Molti, però, hanno deciso di restare a casa, probabilmente demotivati da una vittoria annunciata del centrosinistra. Questa stessa ragione spiega, ad esempio, l’affluenza sostanzialmente stabile in Sardegna, dove la sfida Todde-Truzzu si è decisa per poche migliaia di voti, e in Abruzzo, in cui la vittoria di Marsilio su D’Amico è stata netta, ma non tanto da essere scontata.
Se allarghiamo ancora l’orizzonte, poi, scorgiamo un fenomeno che non è solo italiano. Le Europee ci consegnano un continente in cui la partecipazione è straordinariamente eterogenea. Certo, in Belgio hanno votato quasi 9 elettori su 10 e in Germania due su tre, ma l’Italia è solo leggermente sotto la media europea, con un’affluenza vicina a quella della Francia e un po’ più alta di quella della Spagna, che ha registrato un crollo molto maggiore di quello italiano. Mal comune mezzo gaudio?
* Presidente Istituto Piepoli