Giovedì 30 Gennaio 2025
DAVID ALLEGRANTI
Politica

Politica e giustizia, 30 anni di scontri. Dalle intercettazioni ai migranti. E il duello infuocato sulla riforma

La notizia dell’inchiesta su Meloni e i ministri alla vigilia dell’informativa (poi saltata) su Almasri. Solo l’ultimo atto di un aspro confronto dai tempi di Berlusconi. Pochi giorni fa la protesta delle toghe

Roma, 29 gennaio 2025 – Lo scontro istituzionale tra parte della magistratura e governo sale di livello. Sono indagati – per la vicenda Almasri – Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e Alfredo Mantovano. A indagare è il dottor Francesco Lo Voi, lo stesso procuratore, oggi a Roma, che, quando era a Palermo, si era occupato, con insuccesso, del ministro dell’Interno Matteo Salvini sul caso Open Arms. La notizia dell’inchiesta - "atto dovuto", ha precisato poi l’Anm – viene diffusa dalla presidente del Consiglio sui suoi social alla vigilia delle previste informative in Parlamento dei ministri dell’Interno, Piantedosi, e della Giustizia, Nordio, in programma per oggi ma poi saltate (peraltro, inizialmente sarebbe dovuto intervenire il solo titolare del Viminale, poi si è aggiunto anche il Guardasigilli).

Uno scontro lungo trent’anni. Dalle intercettazioni ai migranti. E il duello infuocato sulla riforma
Il Guardasigilli Carlo Nordio, 77 anni, accanto al responsabile del Viminale Matteo Piantedosi, classe 1963

La notizia arriva al culmine di un duello politico-giudiziario che va avanti da tempo – idealmente, per il centrodestra, dai tempi di Berlusconi – e che è stato di recente rinverdito da opposte visioni del mondo su giustizia e dintorni. La riforma, per citare l’evento mediaticamente più fragoroso, è stata accolta dalla protesta dei magistrati e da uno sciopero programmato per il 27 febbraio, perché "affossa la giustizia, un pericolo per l’indipendenza e autonomia della magistratura tutta", ha detto il presidente uscente di Anm Giuseppe Santalucia, che a breve lascerà il suo posto (ci sono appena state le elezioni dei nuovi organi dell’associazione; su 6.857 i voti espressi dai magistrati la lista che ha ricevuto più voti, pari a 2.065 preferenze, è quella di Magistratura Indipendente, vicina al governo, ma Magistratura Democratica e AreaDG guidano insieme il fronte anti-Nordio, che è maggioritario). In questi mesi tuttavia non sono mancate altre dispute, come sul rimpatrio dei migranti in Albania ("Non può essere la magistratura a definire uno Stato più o meno sicuro, è una decisione di alta politica", disse Nordio a ottobre; "Magistratura politicizzata", puntualizzò il capo della Lega Matteo Salvini). L’accordo con l’Albania viene ciclicamente rivendicato da Fratelli d’Italia, ieri di nuovo, forse non a caso, dalla responsabile del Dipartimento immigrazione Sara Kelany: "In attesa che la Corte di Giustizia europea si pronunci sul nodo dei Paesi sicuri, la Cassazione è stata molto chiara: spetta al governo e non ai magistrati stilare la lista dei Paesi sicuri. Sarebbe quindi quantomeno singolare che nei prossimi giorni ci siano delle sentenze che dicano esattamente il contrario. Il protocollo con l’Albania va avanti, con buona pace dei gufi della sinistra". La deputata di FdI, ci mancherebbe, non lo specifica ma i gufi, va da sé, potrebbero essere anche tra i magistrati.

Non si può dimenticare, poi, in questa breve rassegna, lo scontro sulle intercettazioni, nato dal ddl Zanettin che introduce un limite massimo complessivo di 45 giorni di ascolto (anche questo criticato da Santalucia: "Il fatto che non emerga nulla non significa far venir meno l’assoluta indispensabilità sul piano logico delle captazioni. Anzi, può significare esattamente il contrario"). Ci sono dunque le vicende giudiziarie dei ministri. Nello specifico, c’è la questione della ministra del Turismo Daniela Santanchè, rinviata a giudizio con l’accusa del falso in bilancio e indagata, in altre vicende, per bancarotta fraudolenta e truffa aggravata.

In questo caos di inchieste, iniziative esecutive della maggioranza e reazioni degli attori interessati, come i magistrati, diventa persino difficile distinguere il piano politico da quello giudiziario. Nel caso della scarcerazione del presunto torturatore Almasri i due piani sono ancora più intrecciati, fra ragione di Stato e violazione del diritto internazionale.