Martedì 18 Marzo 2025
ANTONIO PETRUCCI
ANTONIO PETRUCCI
Politica

Rearm Europe, Ue pronta a investire 650 miliardi di euro

La spesa militare è scesa dal 4% del 1960 all’1,5% del 2020 del Pil. Le conseguenze della nuova strategia difensiva nel report Pwc ‘A New Defense Paradigm’

Rearm Europe, Ue pronta a investire 650 miliardi di euro

Roma, 18 marzo 2025 – È al centro del dibattito politico internazionale, l’eventuale aumento della spesa militare dei singoli Paesi europei, nonché l’aumento di quella per la Nato, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, di cui fanno parte 32 Paesi.

La spesa militare europea è scesa dal 4% del 1960 all’1,5% del 2020, mentre quella per la difesa nei Paesi Nato è destinata a crescere tra il 53% e il 65% nei prossimi anni. L’Unione Europea con ‘Rearm Europe’ e un investimento complessivo di 650 miliardi di euro, si appresta a rispondere alle attuali sfide di sicurezza, fra polemiche e voci contrastanti circa l’approvvigionamento e i possibili risparmi che arriverebbero da una maggiore integrazione fra gli Stati europei.

BELGIUM EUROPE SYRIA
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen

Il 70% della spesa Nato a carico degli Stati Uniti

L’attuale panorama geopolitico ha sollevato importanti preoccupazioni per la sicurezza globale. La dipendenza dall’approvvigionamento da fornitori esterni da parte dell’Europa, in particolare dagli Stati Uniti, ha evidenziato l’impreparazione dell’industria della difesa europea. La sicurezza è diventata una priorità per i governi europei, con la Germania che ha stanziato un fondo straordinario per il riarmo da 100 miliardi di euro e la Francia che prevede un incremento del 40% del budget militare tra il 2024 e il 2030.

Complessivamente, in Europa, la spesa per la difesa nei Paesi Nato è destinata a crescere tra il 53% e il 65% nei prossimi anni. Tuttavia, l’Unione Europea rimane fortemente dipendente dagli Stati Uniti, che coprono oggi il 70% della spesa totale della Nato, lasciando il continente in una posizione di vulnerabilità e dipendenza strategica. Per comprendere la situazione attuale della difesa europea è necessario fare riferimento alla costante diminuzione della spesa militare in percentuale del Pil che si è registrata dal secondo dopo guerra a oggi. Se nel 1960 la maggior parte dei Paesi europei destinava il 4% del proprio Pil alle spese per la Difesa, nel 2020 la percentuale è scesa fino all’1,5%.  

Il pensiero di Cesare Battaglia

"L’attuale scenario geopolitico segna un punto di svolta per la sicurezza dell’Europa, con i teatri operativi che si sono spostati ai confini dell’Unione e il mutamento delle geometrie delle alleanze internazionali, mettendo di fatto fine all’era del ‘Peace Dividend’. Oggi – ha commentato Cesare Battaglia, Partner PwC Italia, Aerospace Defense & Security Leader - questa dinamica non è più sostenibile. Il quadro globale è in rapida evoluzione: le alleanze si stanno ridefinendo e gli Stati Uniti non hanno più lo stesso interesse strategico a garantire la sicurezza dell’Europa con investimenti e sovvenzioni come in passato. Di fronte a queste nuove sfide, l’Europa deve ripensare in modo strategico la propria spesa per la difesa, adottando misure straordinarie che abbiano un impatto immediato e promuovano un incremento degli investimenti da parte dei singoli Stati membri e delle istituzioni europee”.  

Le strategie al vaglio dell’Unione Europea

Secondo il report di Pwc ‘A New Defense Paradigm: Toward the Creation of a Common European Defense", la decisione dell'Unione Europea di avviare il programma "Rearm Europe’ rappresenterebbe un passo importante verso una maggiore autonomia strategica per il continente. Con un investimento complessivo di 650 miliardi di euro, il piano risponde alle attuali sfide di sicurezza.

La cooperazione industriale, l'innovazione tecnologica e l'incentivazione della produzione interna sono elementi chiave che permetteranno all'Europa di ridurre la sua dipendenza dalle potenze esterne e di affrontare le minacce globali con maggiore determinazione. A supporto di questo investimento, vi sono anche strumenti come il Fondo Europeo per la Difesa (Edf), con un budget di 7,9 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, e iniziative come Pesco e Asap stanno già ponendo le basi per una cooperazione più efficace.  

I risparmi derivanti da una maggiore cooperazione

Programmi come Eurofighter Typhoon hanno generato 62.000 posti di lavoro e un impatto economico di 58 miliardi di euro. Progetti congiunti come Nh-90, Fremm e Male Rpas confermano che la cooperazione porta benefici concreti. Si stima che una maggiore integrazione potrebbe generare un risparmio di 75,5 miliardi di euro all’anno, eliminando inefficienze e ridondanze, rafforzando l’industria della Difesa e creando posti di lavoro altamente qualificati.

I vantaggi indicati dal report di Pwc vanno dall’efficienza economica e risparmio, all’armonizzazione di equipaggiamento, procedure e formazione tra gli Stati Membri, che migliorerebbe il coordinamento e l’efficienza durante operazioni militari congiunte. Altri aspetti positivi sarebbero l’autonomia strategica, il consolidamento industriale, la condivisione di risorse e competenze e l’integrazione politica. Lavorare insieme sulle strategie di difesa e sicurezza, consentirebbe ai Paesi membri di sviluppare legami più stretti, e potrebbe promuovere un clima di coesione che gioverebbe all’agenda politica complessiva.