Roma, 17 giugno 2024 – “Le trattative per decidere i nuovi vertici della Ue molto probabilmente seguiranno strade diverse rispetto all’allargamento ai conservatori dell’attuale maggioranza. Anche perché così si eviteranno imbarazzi reciproci". Per il politologo Alessandro Campi, ordinario di Storia delle dottrine politiche all’università di Perugia, sarebbe miope ignorare il risultato delle ultime Europee.
Professore, oggi ci sarà una cena tra i capi di Stato Ue per decidere, o almeno discutere, il rinnovo delle alte cariche dell’Unione. I conservatori di Ecr, di cui fa parte Fratelli d’Italia, potrebbero restare a mani vuote. Meloni ha però ricordato i numeri ottenuti dalla sua area in Europa. Può riuscirle un colpo di mano?
"La via negoziale in Europa è l’unica che paga. Non ci saranno blitz: Meloni metterà sul tavolo il risultato elettorale italiano e una stabilità oggi sconosciuta ad altri Paesi. Farà leva sul successo, a parte qualche piccola sbavatura, del G7 in Puglia e sul fatto che ci sono alcune forze politiche, a partire dal Ppe, che non sono del tutto contrarie a un allargamento della maggioranza in Europa".
La premier italiana in cambio dell’appoggio a von der Leyen potrebbe chiedere due commissari pesanti, Difesa e Commercio. Ci guadagnerebbe?
"Ci guadagnerebbe l’Italia. Si può entrare nella maggioranza di un governo europeo in tanti modi: anche attraverso operazioni che prevedono delle contropartite, come incarichi di particolare prestigio. Il governo italiano è in assoluta controtendenza: è uscito rafforzato dalle ultime elezioni. L’elettorato, a differenza di Francia e Germania, non ha ritenuto di doversi esprimere contro l’attuale esecutivo: in Italia c’è una congiuntura economica abbastanza buona, che era imprevedibile fino a qualche anno fa. Nulla di paragonabile a una Germania in recessione o a una Francia che sta annaspando".
Liberali e popolari sostengono von der Leyen e – a parole - non vogliono fare patti con i conservatori e con Identità e democrazia.
"I popolari in realtà sono più aperti al dialogo e fanno una distinzione molto netta tra destra conservatrice e populista. Cosa che non fanno i socialisti. Ma un conto è stringere un’intesa con un allargamento formale, un altro è aggirare l’ostacolo, facendo nascere un accordo su basi diverse. È probabile che si finisca per lavorare su questa seconda ipotesi. Anche perché un allargamento della maggioranza europea potrebbe causare problemi anche a Meloni, visto il veto reciproco coi socialisti".
E se invece i conservatori alla fine venissero ignorati?
"È una soluzione possibile sulla carta, ma miope e potenzialmente pericolosa. L’Italia, da questo punto di vista, è sempre stata un laboratorio interessante. I successi passati della Lega e del M5s dimostrano che l’atteggiamento snobistico dei partiti tradizionali non porta fortuna".
Macron non è mai stato così debole. Come si riflette questa fragilità interna in Europa?
"Sostanzialmente si è incrinato forse per sempre l’asse franco-tedesco. Un’egemonia superata anche alla luce della guerra in Ucraina, che ha dato nuova importanza ai Paesi della frontiera orientale. Questo significa che l’Europa dovrà impostare rapporti basati su una maggiore pluralità e l’Italia può giocare un ruolo molto importante in questa partita".