Se Ursula von der Leyen va in affanno alla prima impasse della sua squadra, come può reggere il confronto con Donald Trump? Il vero dubbio che comincia a serpeggiare ai piani alti di Bruxelles non riguarda solo le discusse vicepresidenze di Teresa Ribera e Raffaele Fitto, su cui si incrociano i veti di Ppe e Pse, ma l’effettiva capacità della presidente di adempiere alla propria funzione nel nuovo quadro internazionale che si va delineando. Il fatto è che il voto americano si proietta sempre più sull’Europa. In un quadro politico-parlamentare in cui la maggioranza (popolari, socialisti e liberali) ormai non esiste più – come certificato dal voto di Ppe e destre che ha indebolito la norma contro la deforestazione –, la Commissione von del Leyen rischia infatti di nascere già mutilata dall’anatra zoppa parlamentare. Proprio quella parte del Ppe che guarda a destra, come Manfred Weber, potrebbe perciò vagheggiare di lasciar andare a fondo la presidente per poi affidare l’incarico a una figura più forte come Mario Draghi: in grado di garantire l’allargamento ai conservatori senza veti e di tener meglio testa a Trump.
Il bis di von der Leyen resta comunque l’opzione più accreditata. Anche se lo stallo tra popolari e socialisti non accenna minimamente a risolversi. Anzi. I popolari, a partire dalla delegazione spagnola, continuano a bloccare la nomina della socialista Ribera, ministra della Transizione Ecologica, incolpata dell’alluvione di Valencia, anche per distrarre le accuse dal governatore locale popolare Carlos Manzòn, di cui i cittadini hanno chiesto le dimissioni. Il gruppo socialista di S&D, dal canto suo, contesta non l’incarico di commissario ma la vicepresidenza attribuita a Fitto, esponente dei conservatori di Ecr, che rappresenterebbe perciò un allargamento a destra della maggioranza. Nessuno dei due partiti sembra disposto ad arretrare. Né forse ormai può farlo. Col che la situazione potrebbe avvitarsi in una spirale irresolubile.
Von der Leyen ha riunito i maggiorenti dei partiti, ma senza trovare una quadra, e ha affidato le trattative al premier greco Kyriakos Mitsotakis e quello polacco Donald Tusk. Anche le cariche istituzionali si stanno spendendo per una soluzione. La presidente dell’europarlamento Roberta Metsola sostiene che "c’è ancora tempo per trovare un’intesa e approvare l’intera Commissione entro il 27 novembre, ultima data per far entrare in funzione il nuovo esecutivo prima del 2025". Il commissario italiano del Pd Paolo Gentiloni auspica che "le difficoltà vengano superate". E anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sisé speso per far presente al Pd, prima delegazione di S&D, che la nomina di Fitto "è importante per l’Italia".
Il 20 novembre Ribera riferirà al parlamento di Madrid sull’alluvione e lo stesso giorno è in programma un nuovo vertice a Bruxelles. Senza il consenso del Ppe, la commissaria socialista è quella che rischia di più nel caso che si proceda con un voto segreto a maggioranza semplice, dove Fitto, e anche il contestato commissario ungherese alla salute Olivér Várhelyi, potrebbero contare sui voti delle destre. In alternativa, la mossa del cavallo di von der Leyen, potrebbe essere eliminare dal tavolo tutte o buona parte (Fitto e Ribera) delle vicepresidenze, come era nei suoi piani iniziali.