Giovedì 1 Agosto 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

I filo Ue escludono i Patrioti dalle nomine: Meloni può sperare. Ma sale la tensione con Salvini

Il neonato gruppo della destra non avrà incarichi all’Europarlamento. Von der Leyen tiene il canale aperto con Ecr

Roma, 10 luglio 2024 – ‘Cordonati’ erano e ‘cordonati’ restano. I Patrioti saranno pure il terzo gruppo più numeroso del Parlamento europeo, ma non otterranno né vicepresidenze dell’Assemblea, né presidenze di commissione. Lo dice chiaro e tondo il capogruppo del Ppe Manfred Weber: "Chi è contro l’Ue non può rappresentarla". Nella ripartizione formale hanno Trasporti e Cultura, ma verranno ridistribuite. I conservatori di Giorgia Meloni invece sono al di fuori di quel cordone sanitario. Otterranno due presidenze di commissione, e per la premier italiana è un elemento confortante: Agricoltura e Bilancio. Così come la decisione di Ursula von der Leyen di consultare il suo gruppo, Ecr, la settimana prossima: con la formazione messa su da Orban, al contrario, ha escluso colloqui di qualsiasi tipo. Insomma: la ex sovranista italiana non rientra più nel novero dei reietti e degli impresentabili. Come i Patrioti e i reprobi per eccellenza di AfD che, mettendo insieme sigle minori, sono riusciti a formare il terzo gruppo di destra: l’Europa delle Nazioni sovrane.

Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini. Sullo sfondo, la premier Giorgia Meloni
Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini. Sullo sfondo, la premier Giorgia Meloni

Del resto non è un mistero che la leader tedesca stia facendo il possibile per ottenere il voto se non di tutti i conservatori almeno di FdI, nonostante i veti di Scholz e di Macron, contro cui Giorgia scaglia qualche sassolino: "La lettura di una sconfitta di Rassemblement National è semplicistica perché la verità è che in Francia nessuno può cantare vittoria".

I segnali in questione tuttavia non bastano a far già pendere la bilancia a favore del voto: l’indecisione della premier è comprensibile. Quel "sì" è diventato molto più dirimente di quanto non immaginasse fino a poche settimane fa. Per la destra il "no" alla candidata del Ppe è diventata sia la prima linea dello scontro sia una bandiera non solo per il gruppone dei Patrioti, anche per buona parte dei conservatori, con il Pis polacco in prima fila, tentato dal seguire l’esempio di Vox e mollare Ecr.

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"Salvini non ha mai detto che se Meloni vota Ursula è la sua fine". La Lega annuncia querele

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L’incidente di ieri tra Meloni e il suo vice leghista è indicativo. Salvini non si è potuto limitare a smentire gli articoli che gli attribuivano un commento minaccioso: "Se Giorgia voterà per von der Leyen potrebbe essere la sua fine". Ha dovuto anche annunciare il mandato ai legali per procedere "in tutte le sedi nei confronti di quei media che, anche oggi, attribuiscono al segretario virgolettati completamente falsi". Una reazione di durezza inusuale, che è difficile non interpretare come riflesso dell’irritazione della premier tanto più che la smentita è arrivata solo alle 15, ora italiana, quando a Washington erano le 9 e lei aveva appena preso visione, si può immaginare con quanta letizia, delle indiscrezioni. Ma in fondo che Giorgia si sia attaccata o meno al telefono e che Salvini abbia davvero pronunciato quelle parole è poco rilevante. Il punto chiave è che il problema esiste realmente. Lei rischia di trovarsi di fronte a una scelta di quelle in cui si perde comunque. Non votare per la candidata del Ppe e sua principale alleata negli ultimi due anni significherebbe ammettere il fallimento della strategia perseguita con tenacia in questi mesi. Ma votarla senza una congrua contropartita vorrebbe dire esporsi all’accusa di essere una forza minore fiancheggiatrice a prezzo di sconto del Ppe.

Per tirarsi fuori dal vicolo cieco la premier deve ottenere una contropartita più che significativa. Un commissario di serie A, che spetterebbe comunque al terzo Paese dell’Unione, non basterebbe: deve anche essere fornito di deleghe adeguate. Anche da questo punto di vista qualche segnale positivo c’è. Ieri la candidata Ursula ha partecipato all’assemblea del Ppe e ha promesso ai popolari due commissari che non figuravano ai primi posti nelle ambizioni di Roma: Agricoltura e Green Deal. Ma di qui ad avere vinto la partita forse più difficile da quando si è insediata a Chigi per Giorgia ci manca ancora moltissimo.