Roma, 27 luglio 2024 – Dopo ottanta giorni Toti si arrende. L’ordinanza del giudice per le indagini preliminari, peraltro, non lasciava altra via d’uscita avendo scritto quasi esplicitamente che senza una confessione o, naturalmente, la rinuncia all’incarico ci sarebbe stato il rischio di reiterazione del reato di corruzione. Così, ieri mattina ha rassegnato le "dimissioni irrevocabili" dalla carica di presidente della regione Liguria con una lettera scritta a mano in stampatello, consegnata dal fedelissimo assessore Giacomo Giampedrone, all’ufficio protocollo dell’Ente. E lunedì il suo legale, Stefano Savi, presenterà una nuova istanza di revoca degli arresti domiciliari, cui il giornalista è sottoposto dal 7 maggio, sperando nel giudizio immediato.
I liguri torneranno a votare entro 3 mesi, spiega Toti in un’altra missiva. Forse Il 27 ottobre o, se il governo opterà per l’election day con l’Emilia-Romagna, il 17 novembre. Sotto botta, ma non domo, l’ormai ex governatore difende il suo mandato: "Lascio una regione in ordine". Racconta di aver atteso l’approvazione dell’assestamento di bilancio regionale e del rendiconto prima di mollare, attacca le opposizioni "per assenza di civiltà giuridica", chiede agli alleati di "non tradire il consenso raccolto", e al Parlamento "di tracciare regole chiare e giuste per la convivenza tra giustizia e politica".
Ecco, i principi. In questa storia hanno pesato per tutti zero, moltissimo, invece, il calcolo politico. Persino Matteo Renzi il garantista in nome della improvvisa conversione unitaria sorvola sulla decisione dei giudici che un costituzionalista come Sabino Cassese ha definito "irragionevole". Il Pd si è gettato a capofitto sulla vicenda, consapevole del vincolo che intorno al fattaccio si sta creando con M5s. Un’entusiasta Elly Schlein commenta: "Finalmente si è dimesso, anche se con molto ritardo. Sono passati 80 giorni in cui la Liguria è stata ferma, ai domiciliari con lui". Giuseppe Conte rincara: "La politica ha bisogno di una svolta etica". L’opposizione si può capire: la riconquista della Regione (l’ex ministro Andrea Orlando è il candidato in rampa di lancio) fino a ieri insperata appare a portata di mano.
Più complessa la situazione nella maggioranza: dietro alla facciata di solidarietà compatta – i comunicati in tal senso si sprecano, da FdI alla Lega – il centrodestra ha mollato il governatore. Un po’ ha pesato il fatto personale. Toti ha sempre lavorato in proprio, spostandosi da un’area all’altra a seconda delle convenienze. Delfino di Berlusconi, ’filoleghista’ interno e poi esterno a FI, convertito al melonismo quando i sondaggi tricolore hanno iniziato a impennarsi. Questo certo non gli ha procurato molte simpatie tra gli azzurri. Ma il ragionamento politico ha pesato anche di più: tutti nel centrodestra hanno fatto notare che era indifendibile non sul piano penale ma per l’immagine che proiettava.
La sua permanenza rischiava di danneggiare la coalizione. Ora: Giorgia Meloni ha già troppe gatte da pelare tra i suoi per potersi preoccupare anche degli esterni; la Lega lo ha dapprima difeso, poi si è defilata pensando di passare all’incasso, e ora si scaglia contro "l’ennesimo tentativo di sovvertire il voto con inchieste e arresti". In ballo, l’idea di piazzare un proprio uomo al posto di Toti. In cima alla lista di Salvini c’è Edoardo Rixi, che però nicchia. Di lasciare il seggio ligure (proprio a Toti?) non ne ha voglia. FI gradirebbe di più un civico. Spunta pure il nome della totiana Ilaria Cavo, che FdI pare non disdegnerebbe. "Valuteremo tutti insieme", taglia corto il responsabile dell’organizzazione Giovanni Donzelli. In realtà, la situazione in Liguria se non compromessa del tutto è molto pericolante e Elly Schlein inizia a considerare le prossime regionali, come l’occasione per dare un colpo fatale alla destra.