Martedì 14 Gennaio 2025
ELENA G. POLIDORI
Politica

Terzo mandato e le spine in maggioranza, Zaia minaccia lo strappo: “Potrei andare da solo”

Il presidente veneto attacca. FdI: “Sbaglia a personalizzare”. E sulla Consulta ennesima fumata nera, stallo sul nome del giudice ‘tecnico’

Roma, 15 gennaio 2025 – I trasporti nel caos; il ddl sicurezza che agita il Quirinale; la separazione delle carriere dei giudici che fa minacciare lo sciopero alle toghe; la quadra sui nuovi giudici della Consulta che ancora non c’è; ma, soprattutto, la guerra del terzo mandato che ieri ha fatto dire parole ultimative al governatore veneto, Luca Zaia: “È inaccettabile che parlino di blocco dei mandati e del rischio di centri di potere bocche che da 30 anni sono sfamate dal Parlamento”.

Luca Zaia, 56 anni, è governatore della Regione Veneto dal 2010
Luca Zaia, 56 anni, è governatore della Regione Veneto dal 2010

Ieri era di scena l’ennesima fumata nera per l’elezione dei quattro giudici mancanti della Corte costituzionale; i partiti non hanno ancora trovato un accordo sui nomi e il risultato è stata una nuova infornata di schede bianche, 377 (con 15 voti nulli). La cornice dell’intesa prevede due posti alla maggioranza, uno all’opposizione e un quarto da attribuire a un “tecnico” bipartisan: il tema del contendere, spiega il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli, è proprio questo quarto nome, “che deve essere concordato tenendo conto dell’opposizione che non è una forza sola”. I nomi: quello blindato da Fratelli d’Italia è Francesco Saverio Marini, ordinario di Diritto pubblico a Roma Tor Vergata e padre del ddl di riforma costituzionale sul premierato. Forza Italia punta su Gabriella Palmieri Sandulli, avvocata generale dello Stato, e Valeria Mastroiacovo, tributarista dell’università di Foggia e segretaria dell’Unione giuristi cattolici. In quota opposizione, il costituzionalista Massimo Luciani. Per la figura di tecnico si fa il nome di Roberto Garofoli, già segretario del Consiglio dei ministri dell’era Draghi. Entro venerdì la questione dovrebbe sbrogliarsi, si dice, ma è tutta da vedere.

Il vero nodo politico, però, non è questo. È la discussione sul terzo mandato che ha il Veneto come palcoscenico principale. Zaia non ci sta a vedersi imporre da Roma come comportarsi e, dunque, agita lo spettro dello strappo. Certo, si dichiara a disposizione della Lega (“partito a cui devo tutto”), ma prima il Veneto (“Veneto first”). “Per qualsiasi progetto sarò dalla parte del partito, abbiamo dieci mesi prima del voto e dieci mesi sono la notte che porta consiglio, ma di certo è impensabile che arrivi qualcuno inamidato, calato dall’alto e dica ‘sono io il candidato’. Questo creerebbe tensioni”, ha spiegato. I rischi per la Lega e per tutto il centrodestra sono chiari ed evidenti secondo il governatore, nessuna minaccia, né ultimatum, ma un avvertimento chiaro: “Ovvio che noi speriamo una corsa unitaria, ma è fondamentale che ci siano i presupposti per farla bene... Che FdI, o FI, chiedano di aver parte in questa partita non lo trovo un reato di lesa maestà, ma si tratta di capire il punto di caduta. Penso che noi abbiamo governato bene, ma se non sono d’accordo ce lo dicano che non l’abbiamo fatto, ma allora le strade si separeranno”.

Comunque vada, dunque, la resa dei conti (o l’accordo) tra alleati del centrodestra ci sarà: FdI da una parte, forte degli ultimi successi elettorali, rivendica per sé la poltrona nel palazzo veneziano, la Lega dall’altra, mette invece sul tavolo la sua presenza storica e capillare nelle amministrazioni del territorio, e un campione delle urne come Zaia. In questo duello non manca di inserirsi Forza Italia, che qui è già ai ferri corti da un po’ con il partito di Salvini.

Zaia insiste; il Veneto è la culla della Lega. “Spiace che Zaia personalizzi”, ha tentato di smorzare il coordinatore veneto di FdI, Luca De Carlo, ma il ’Doge’ non molla: “Non sto facendo alcuna battaglia sul terzo mandato. Ma con lo sblocco dei mandati è ovvio che mi ricandiderei. Darei una risposta ai tanti cittadini che mi chiedono di farlo”. E qui il governatore è sembrato voler andare al di fuori dei manuali della politica: “L’aspetto più importante è quello dei veneti. È innegabile: i veneti chiedono la mia ricandidatura. Non ci siamo mai trovati di fronte a una chiamata del popolo come questa”. A dar manforte al collega di partito è arrivato anche il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, che ha detto di ritenere sbagliata l’impugnazione del governo sulla legge della Campania: “Ribadisco che è un errore perché c’è un’elezione diretta, massima espressione di democrazia”.