Periferia contro centro. Lega ancora in trincea contro il resto della maggioranza e Pd diviso sul terzo mandato per sindaci e governatori. Dopo le parole distensive del vicepremier Matteo Salvini, i senatori del Carroccio fanno sapere che non intendono per ora ritirare l’emendamento diretto a triplicare le elezioni al vertice degli enti locali. Mentre oggi i sindaci dem, con in testa il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro, si presentano alla direzione del Nazareno con un ordine del giorno in cui "si chiede l’eliminazione del vincolo dei mandati" per gli amministratori e di "dare mandato ai parlamentari del Pd di perorare" tale indicazione. Un testo che rischia di spaccare il partito di Elly Schlein, non a caso impegnata ieri in un giro di consultazioni coi primi cittadini. E che perciò potrebbe essere accolto solo come raccomandazione ai gruppi, senza arrischiare un voto della direzione che dividerebbe malamente il partito.
Dopo la divergenza in tema di abolizione dell’abuso di ufficio, chiesta dai sindaci e contrastata dai gruppi parlamentari, il documento dei primi cittadini sul terzo mandato rappresenta un chiaro segno di insofferenza degli amministratori e dei territori nei riguardi di alcune imposizioni verticali da parte della dirigenza dem. Nel lungo documento, i sindaci sostengono che sia venuto il momento di superare il tetto dei due mandati introdotto nel 1993, contestualmente all’elezione diretta dei primi cittadini, che ha rappresentato un "elemento fortemente innovativo" rispetto alla crisi della politica. Per loro si tratta di "una vera anomalia dell’ordinamento italiano, in quanto è rinvenibile nell’ambito dei Paesi europei solo in Portogallo (tre mandati) e in Polonia". Rivendicando il valore della continuità amministrativa, l’esperienza e la competenza di chi ha un decennio di governo, dal momento che si allungano i mandati per i piccoli comuni, i sindaci reputano che un assetto differenziato risulterebbe di dubbia costituzionalità.
Nella complicata alchimia di partito, infatti, la rilevanza locale di sindaci, governatori e assessori è tutt’altro che secondaria. Non è un caso che diversi primi cittadini in scadenza (Firenze, Pesaro, Bergamo, Bari) sono considerati in lizza per le prossime europee, in considerazione del consenso locale di cui son accreditati. Le legittime riserve di principio di segretaria e parlamentari sul terzo mandato, del resto, devono anche far i conti con la realtà di regioni che possono diventare contendibili dalla destra, a cominciare dall’Emilia Romagna di Stefano Bonaccini, oltre alla Campania di Vincenzo De Luca e la Puglia di Michele Emiliano. Tutti allo scadere del secondo mandato nel 2025.
"Lo spirito è quello di trovare una soluzione unitaria, anche in considerazione del fatto che la maggioranza è spaccata, che il governo è diviso: loro litigano, noi invece discutiamo", fanno sapere dal Nazareno riguardo ai contatti tra la segretaria Schlein, i responsabili enti locali e organizzazione, Davide Baruffi e Igor Taruffi, e alcuni sindaci in vista della direzione di oggi. "Ci sono sfumature diverse, ma niente strappi – assicurano i dem – Quindi, nessuna volontà di dividersi all’interno, ma spirito unitario".
La questione sarà giovedì all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato. Dove la Lega conferma che "non risulta" il ritiro dell’emendamento. Anche se sull’ipotesi di andare a una conta la senatrice Erika Stefani risponde che attenderà "indicazioni dai vertici". Mercoledì, infatti, la questione potrebbe esser dipanata in occasione della chiusura della campagna elettorale di Paolo Truzzo in Sardegna, dove parteciperanno Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani. E l’intesa si potrebbe profilare sulla bocciatura del terzo mandato, ma lasciando il Veneto alla Lega di Luca Zaia.
Cosimo Rossi