Roma, 24 febbraio 2024 - La frizioni nel centrodestra, dopo la bocciatura in commissione affari costituzionali dell'emendamento al Ddl Elezioni sul terzo mandato ai governatori, saranno affrontate all'indomani delle elezioni in Sardegna. La "tregua elettorale" proseguirà dunque fino all'inizio della prossima settimana mentre per molti dei governatori al secondo mandato potrebbe aprirsi un varco giuridico che darebbe la possibilità agli uscenti di ricandidarsi per la terza volta consecutiva senza passare dall'approvazione della norma in Parlamento.
Un sconfitta prevedibile
In commissione, giovedì scorso, i parlamentari di Fratelli d'Italia e Forza Italia hanno votato contro l'emendamento al decreto elettorale che molti osservatori politici attribuiscono al tentativo della Lega di aprire la strada alla ricandidatura di Luca Zaia in Veneto.
Tuttavia è evidente che in caso di approvazione le ricadute interesserebbero amministratori di tutte le latitudini e di ogni estrazione politica. L'unica eccezione potrebbe essere rappresentata da quei governatori che non hanno recepito la norma nazionale che limita a due mandanti l'esperienza amministrativa del presidente di regione.
La legge sui due mandati
Il limite dei due mandati per i governatori è stato introdotto con la legge 165 del 2004 che recita: "Le Regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità nei limiti dei seguenti principi fondamentali: previsione della non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto".
Tale disposizione, tuttavia, non è stata recepita da tutte le Regioni. Se il governatore Zaia ha accolto la legge, infatti, la stessa cosa non è stata fatta ad esempio dai presidenti di Emilia Romagna, Liguria, Puglia e Campania.
Una condotta che aprirebbe il varco giuridico di una possibile ricandidatura allo scadere del mandato nel 2025 per Bonaccini, Toti, Emiliano e De Luca.
Non a caso quest'ultimo ha dichiarato di non essere interessato al dibattito sul terzo mandato. "Tra le tante stupidaggini di questi giorni – ha detto nel corso di una diretta sui social – c’è anche il dibattito sul terzo mandato. Volevo chiarire che la Campania è del tutto indifferente, il terzo mandato lo può fare tranquillamente non avendo recepito la legge nazionale sui due mandati. Ecco perché assistiamo da osservatori a questo bel dibattito totalmente demenziale. La sostanza del dibattito – ha osservato De Luca – è che tutti i nominati che sono nelle aule parlamentari hanno paura del voto libero dei cittadini, è sconcertante. Se uno è un imbecille e se ne deve andare lo devono decidere i cittadini”.
La battaglia politica e le divisioni nei partiti
Se De Luca e gli altri governatori al secondo mandato si ricandidassero, il governo avrebbe come un'unica arma quella del conflitto di competenza tra legge dello Stato (che impone il limite dei due mandati) e quella regionale (che non prevede alcun limite) alla Consulta. Ma ad annunciare battaglia sul tema non è stata solo la Lega. L'Associazione nazionale dei comuni con il suo presidente Antonio Decaro ha dichiarato che "Anci non lascerà cadere questa battaglia, che abbiamo condotto sempre in maniera unitaria”. Una battaglia che riguarda direttamente lo stesso sindaco di Bari giunto allo scadere della seconda consiliatura e che va ad incidere direttamente sulle frizione nel centrosinistra e in particolare nel Pd, al cui interno convivono posizioni sulla materia, che sono agli antipodi.
La stessa Elly Schlein, in una intervista televisiva, non ha potuto fare a meno di osservare che: nel Pd ci sono persone fortemente a favore del terzo mandato e persone fortemente contrarie. Noi in Direzione abbiamo provato a trovare una sintesi immaginando una riforma complessiva che, oltre la numero dei mandati, preveda i necessari pesi e contrappesi. E questo impegno proseguirà – ha rassicurato – come la Direzione si è impegnata a fare".
Il voto in commissione
Dal punto di vista politico per Salvini si è trattato di una sconfitta bruciante. Il risultato della votazione in commissione, è stato schiacciante: i voti favorevoli alla proposta leghista sono stati solo quattro, i no 16. Al fianco dei senatori leghisti si era schierata soltanto Italia Viva. Mentre le opposizioni, con Pd, M5s e Avs, si erano ricompattate sul voto contrario. Era stata la stessa premier Meloni ad intimare a Salvini di fermarsi ma il ministro delle Infrastrutture ha deciso di andare avanti ed è stato sconfitto.
"Il terzo mandato non era inserito nel programma di governo", ha dichiarato Meloni all'esito del voto prima di rassicurare tutti sulla tenuta del governo: "non è una materia che crea problemi alla maggioranza". Intanto nei corridoi dei palazzi romani in tanti credono che la Lega ripresenterà l'emendamento quando il decreto approderà nell'Aula di Palazzo Madama. Eventualità che potrebbe portare allo scontro frontale in maggioranza. Perché un'eventuale sconfitta al voto in Senato assumerebbe connotazioni politiche ben più rilevanti della bocciatura incassata in commissione.