Roma, 16 dicembre 2024 – Ormai inizia a essere delineato il quadro economico e finanziario per l’inizio del 2025, pur con tanti interrogativi connessi innanzitutto ai gravissimi conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente e alle difficoltà dei trasporti nel Mar Rosso e nei due Canali di Suez, indispensabili vie di comunicazione per il Mediterraneo e soprattutto per l’Italia. In Europa è iniziata la nuova legislatura e si è insediata la nuova Commissione (in sostanza il Governo europeo), mentre, dopo quasi un decennio dalla Brexit, il Regno Unito sta iniziando a riannodare più costruttive e intense relazioni con l’Unione europea.
In Italia è imminente la conclusione dell’iter parlamentare della legge di Bilancio dello Stato per il 2025: così appaiono più chiaramente anche gli incentivi economici per lo sviluppo e l’occupazione, mentre le entrate dello Stato, a fine ottobre scorso, crescono del 6,4%, con un incremento di oltre 27 miliardi di euro.
Le principali novità economiche e finanziarie nell’Europa dell’euro emergono soprattutto dalle decisioni della Banca centrale europea che, negli scorsi giorni, ha ulteriormente ridotto i tassi ufficiali, ora fra il 3% e il 3,15%, molto più bassi rispetto al 4,75% degli Usa e della Gran Bretagna, nonché di quelli di gran parte degli Stati europei non appartenenti all’euro, per non parlare dei tassi della Turchia (50%) e della Russia (21%).
L’euro si sta, pertanto, confermando una moneta ben solida, che ha resistito meglio della vecchia lira italiana alle tensioni dei mercati internazionali, alle crisi energetiche e all’inflazione.
L’obiettivo della Bce è di combattere l’inflazione portandola stabilmente al 2%, facendovi convergere conseguentemente i propri tassi ufficiali.
Non è, quindi, previsto il ritorno dei tassi a zero (e negativi per i depositi delle banche in Bce) che è stata, per quasi dieci anni, una eccezione in oltre un secolo e mezzo di storia finanziaria italiana.
In oltre un quarto di secolo di vita, l’euro ha avuto il 4,75% come massimo tasso ufficiale deciso dalla Bce, mentre la lira italiana ebbe anche tassi ufficiali del 19,5%.
I tassi di mercato in Italia hanno anticipato da oltre un anno le riduzioni decise dalla Bce: ora, alla chiusura dei mercati di venerdì scorso, l’Euribor (il tasso di riferimento per le transazioni in euro fra le principali banche europee), a tre mesi, era al 2,84%, un suo nuovo minimo da qualche anno, mentre l’Irs a dieci anni (molto usato per i mutui) era al 2,25%, ambedue nettamente più bassi dei tassi ufficiali Bce.
Negli ultimi mesi si sono ridotti anche i tassi sui titoli di Stato italiani che, venerdì scorso, erano del 2,6% per il Bot a sei mesi e del 3,38% per il Btp a dieci anni.
Le prospettive dell’economia italiana e le difficoltà di quella della Germania hanno contribuito a ridurre anche lo spread fra i Btp italiani a dieci anni e gli omologhi titoli di Stato tedeschi, i Bund, che ora è attorno all’1,14%.
Questi dati, confortati dai buoni andamenti della Borsa, dovrebbero favorire un maggiore clima di fiducia nelle famiglie e nelle imprese italiane per incrementare gli investimenti e per favorire una più consistente crescita dello sviluppo e, conseguentemente, dell’occupazione. È il momento per investire.
*Presidente Associazione Bancaria Italiana