Venerdì 26 Luglio 2024
ANTONELLA COPPARI
Politica

Tajani e il caso Ilaria Salis: "Il governo si occupa di lei fin dal primo giorno". Ma è stallo sui domiciliari

L’informativa del ministro degli Esteri alle Camere: "Impossibile portarla in ambasciata". Ricciardi (M5s): a gennaio dicevate di non saperne nulla. Schlein: "Dovete riportarla in Italia".

Tajani e il caso Ilaria Salis: "Il governo si occupa di lei fin dal primo giorno". Ma è stallo sui domiciliari

Tajani e il caso Ilaria Salis: "Il governo si occupa di lei fin dal primo giorno". Ma è stallo sui domiciliari

La faccenda è oggettivamente spinosa: arrivati a questo punto, il governo ha tutte le intenzioni e tutto l’interesse nel risolvere il prima possibile il caso di Ilaria Salis. Ma come riuscire a far tornare in patria l’attivista detenuta da un anno in Ungheria è un rebus. Sulla carta la strada dei domiciliari cautelari – a processo in corso – è praticabile ma non Italia. L’ipotesi ambasciata, invece, sembra impraticabile: come si fa con gli oltre 2.400 detenuti italiani all’estero? Tutti hanno diritto allo stesso trattamento. Una volta emessa la sentenza, l’obiettivo è chiaro: l’esecutivo lavora all’espulsione dopo una eventuale condanna. Ma il verdetto non potrà arrivare prima della fine del 2024.

Mentre cerca una strada per uscire dal labirinto, il governo deve rispondere agli attacchi dell’opposizione, incandescenti dopo le immagini dell’insegnante con le catene a mani e piedi durante la prima udienza. Se ne è incaricato ieri in Parlamento il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Ha raccontato che Ilaria Salis è stata seguita "fin dall’inizio, appena la procura di Budapest ha informato l’ambasciata italiana il 13 febbraio 2023". E, grazie "all’azione di sensibilizzazione della nostra diplomazia verso le autorità ungheresi, ha ottenuto un miglioramento delle condizioni detentive". Il ministro ha spiegato di aver sollevato il caso "con il collega ungherese"lo scorso gennaio "chiedendo il rispetto delle garanzie previste dalle normative Ue". E Giorgia Meloni "ne ha parlato con il premier Viktor Orbán". Quanto al passaggio dalla prigione ai domiciliari, Tajani ha affermato che la richiesta spetta al legale di Salis "che però non ha presentato domanda di misure alternative in Ungheria, contrariamente a quanto suggerito dal Guardasigilli Nordio".

Una richiesta diretta del governo italiano a un organo giurisdizionale straniero sarebbe "un’interferenza". Per questo "l’unica via percorribile per un reato commesso in uno stato dell’Unione europea è quella delle regole". Quindi, prima Salis ottiene i domiciliari in Ungheria, e poi si può chiedere che li sconti in Italia. Il vicepremier azzurro ha scartato l’ipotesi dell’ambasciata italiana a Budapest: "Non ha la struttura né la legittimazione a sostituirsi a un domicilio privato, anche per ragioni di sicurezza nazionale". Quindi, ha quasi rivolto contro l’opposizione l’accusa di danneggiare la detenuta: "Evitiamo di trasformare una questione giudiziaria in un caso politico. Che regala sicuramente titoloni sui giornali, ma non fa il bene della signora Salis".

Dagli spalti della controparte è partita una nutrita raffica di artiglieria: "Mente ora o a gennaio quando diceva di non sapere?", ha attaccato il vicepresidente di M5s, Riccardo Ricciardi. "Perché l’esecutivo ha aspettato dieci mesi prima di muoversi", gli ha fatto eco Benedetto Della Vedova (+ Europa). "Quali sono i problemi di sicurezza – ha incalzato il Pd Peppe Provenzano – Avete paura ci siano neonazisti in ambasciata?". Netta Elly Schlein: "Salis deve scontare in Italia i domiciliari". Mentre Avs ha chiesto gli atti della vicenda.

Insomma: si tratta di dialogo tra soggetti che parlano lingue diverse, cercando di piegare la vicenda a proprio uso e consumo. Tajani ha ragione quando sostiene che, in casi come questo, la discrezione è fondamentale e usare il caso come randello politico contro Orbán, ma in realtà contro tutta la destra europea, è controproducente. L’opposizione ha altrettanto ragioni nell’accusare l’ambasciata prima e il governo poi di essersi mossi all’ultimo momento.