Che gli anniversari della strage di Bologna facciano esplodere polemiche non è certo una sorpresa. Lo strascico, però, non se l’aspettava nessuno, e invece è fragoroso. A dar fuoco alle polveri Marcello De Angelis, ex militante di Terza posizione condannato per reato associativo e già parlamentare di destra, oggi capo della comunicazione istituzionale della Regione Lazio guidata da Francesco Rocca. In un post pubblicato l’altro giorno su Facebook, il giornalista nega che l’eccidio sia stato opera degli ex Nar Fioravanti, Mambro e Ciavardini (suo cognato). I primi a reagire a caldo sono stati i parenti delle vittime e l’Anpi, che ieri ha ottenuto l’annullamento di un evento a Catanzaro nell’ambito del ’Panta festival’ cui doveva partecipare De Angelis.
Ma la notte non rasserena. Il Pd, che aveva già protestato rumorosamente per il conferimento dell’incarico in Regione a De Angelis, va all’arrembaggio. La segretaria Elly Schlein usa toni fortissimi: "Non accettiamo depistaggi o tentativi di riscrivere la storia. Le sue parole sono ignobili. Servono dimissioni immediate. Se non riescono a farlo i vertici della Regione, intervenga Meloni". I Cinque stelle aprono a loro volta il fuoco chiedendo "la rimozione" dall’incarico del giornalista che fa "affermazioni inaccettabili". De Angelis con un nuovo post, ribadisce la sua posizione: "Ho detto quello che penso senza timore delle conseguenze. Se dovrò pagare per questo e andare sul rogo come Giordano Bruno per aver violato il dogma, ne sono orgoglioso". Carlo Calenda (Azione) insorge: "Il martirio le è precluso, le dimissioni no". E l’incidente diventa di prima grandezza. La premier certo non gradisce l’intoppo. Molti sospettano che la pensi come De Angelis, ma sull’opportunità del post il discorso cambia. L’ordine di scuderia è mantenere il silenzio: "La vicenda riguarda la Regione".
Le linee telefoniche si arroventano: con la Regione ma anche con Palazzo Chigi. Con il passare delle ore diventa evidente che una risposta è necessaria. Il governatore Francesco Rocca (con cui De Angelis in privato si sarebbe scusato) valuta anche le virgole. Il comunicato è salomonico: da un lato prende le distanze. "De Angelis è responsabile della Comunicazione Istituzionale della Regione: un ruolo tecnico per il quale è stato scelto vista la sua pluriennale esperienza professionale e che non ha nulla a che fare con l’indirizzo politico dell’Istituzione". Dall’altro, lo difende: "Ha parlato a titolo personale, mosso da una storia familiare che lo ha segnato profondamente e nella quale ha perso affetti importanti". Il fratello Nanni, anche lui militante di Terza posizione, arrestato il 3 ottobre del 1980 e morto in carcere il 5. Precisa: "Le sentenze si rispettano, ma ciò non esime dalla volontà della ricerca della verità; la stagione delle stragi è una ferita aperta". E lascia il verdetto in sospeso: "Valuterò nei prossimi giorni il da farsi dopo averlo incontrato". Netto Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari vittime della strage: "Fu fascismo. Rocca si faccia un esame di coscienza".
Quel che emerge nei palazzi è il trionfo del calcolo politichese. L’opposizione coglie l’occasione per mettere in difficoltà il governo; la maggioranza è in imbarazzo: "Le sentenze sono chiare e vanno rispettate", dice Licia Ronzulli (FI). Altri concordano con il giornalista, ma non si espongono perché temono il conflitto implicito con Mattarella. "La sinistra vuole epurare i giornalisti", s’indigna però Edmondo Cirielli (FdI). S’incunea nel disagio, applaudendo De Angelis, l’ex sindaco Gianni Alemanno che punta a prendere voti a destra della destra con il suo partito. Come finirà? Rocca e la premier ci devono ragionare su.