Ministro Urso, lei ha sostenuto che si aspetta che Stellantis metta al centro l’Italia nei suoi programmi di sviluppo. L’auto "italiana" può realisticamente ripartire e avere una prospettiva?
"Solo se riusciremo a imporre in Europa una drastica revisione del Green deal che prenda atto della realtà, con un approccio realista e pragmatico, potremo evitare il collasso dell’industria dell’auto europea – avvisa netto Adolfo Urso, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, regista del tavolo sull’automotive –. Volkswagen ha già annunciato la chiusura di tre stabilimenti in Germania, lo stesso hanno fatto Audi, Nissan, Ford, con il licenziamento di decine di migliaia di dipendenti diretti e ancor di più nella filiera della componentistica, come dimostrano i tagli annunciati già da Bosch e Michelin. Se non si interviene subito cambiando le regole non avremo in Europa “Industry net zero“, ovvero green, ma “zero industria“: il deserto industriale, con milioni di licenziamenti".
Il cosiddetto "non paper" italiano sull’auto ha raccolto numerose adesioni in Europa. È davvero possibile cambiare le regole del Green deal?
"È assolutamente necessario farlo subito, già nel prossimo anno. Le nostre proposte hanno già avuto il sostegno di 15 Paesi, di Confindustria e delle associazioni industriali di Germania e Francia e anche di Acea, l’associazione dei costruttori di auto europea. Colgo con favore il ritorno di Stellantis in Acea annunciato venerdì anche perché Tavares era l’unico ceo a essersi dichiarato contrario alle nostre proposte. Mi aspetto analogo sostegno dalle organizzazioni sindacali".
Nei giorni scorsi ha avuto colloqui con Elkann: che cosa vi siete detti?
"Le dimissioni di Tavares aprono una nuova fase che ci consente di porre l’Italia al centro dello sviluppo industriale di Stellantis. Ho chiesto impegni precisi su investimenti, produzione e occupazione. Abbiamo alzato la nostra “linea del Piave“ a fronte del fallimento clamoroso dell’ideologia dell’elettrico mentre prepariamo la controffensiva per cambiare le regole europee".
Quale prospettiva intravede dopo la riunione del tavolo del 17 dicembre?
"Stiamo lavorando con l’azienda affinché sia presentato un Piano Italia assertivo e sostenibile, con adeguati investimenti sugli stabilimenti italiani per reggere la sfida. Le nostre “linee rosse“ sono chiare: nessuna chiusura, nessun licenziamento e nel contempo piena collaborazione con le imprese della componentistica per governare la transizione".
Dopo i tagli al fondo automotive possiamo aspettarci misure compensative in manovra per il sostegno del settore?
"Al tavolo presenteremo anche le misure finanziarie di sostegno al settore. Nel 2025 saranno nel complesso superiori a quanto originariamente previste nel fondo automotive e saranno tutte destinate agli investimenti produttivi delle imprese. Ho già firmato il bando che mette a disposizione 500 milioni di euro per i contratti di sviluppo nei settori in transizione, quindi prevalentemente all’automotive, e altre risorse giungeranno in manovra".
Il caso Trasnova sembra essere solo l’inizio di una stagione di crisi per l’occupazione nell’indotto dell’auto. Come intendete intervenire per affrontare il rischio di un tracollo con centinaia di licenziamenti?
"Nel caso specifico ho convocato una riunione per martedì a cui parteciperà anche Stellantis: lavoreremo per evitare i licenziamenti collettivi come abbiamo fatto recentemente con Berco. Ma il problema è più vasto perché sono a rischio anche le imprese della componentistica che sono orgoglio del Made in Italy. Dobbiamo cambiare le regole del Green deal perché vi sia una piena neutralità tecnologica, come chiede lo stesso Mario Draghi nel suo Report alla Commissione, che consenta la sopravvivenza del motore endotermico, alimentato dai biocombustibili e dall’idrogeno, anche dopo il 2035. Perché in quelle auto vi sono le componenti italiane. Nell’auto elettrica la parte principale è la batteria che viene fatta in gran parte in Cina".