Mercoledì 16 Ottobre 2024
BRUNO MIRANTE
Politica

Stefano Fassina: "L’Autonomia? Fa male anche al Nord"

L’ultimo saggio dell’ex viceministro dell’Economia. “La versione estremista della Lega aggrava la questione settentrionale”

Stefano Fassina: "L’Autonomia?. Fa male anche al Nord"

Roma, 16 ottobre 2024 – La legge sull’Autonomia differenziata per anni è stata avversata in quanto tentativo di "secessione dei ricchi". Il suo impatto sulla distribuzione delle risorse ha preoccupato il Mezzogiorno, ma i suoi contraccolpi – secondo l’ex viceministro dell’Economia Stefano Fassina – fanno male all’Italia intera e in particolare al Nord. Il suo ultimo libro, Perché l’autonomia differenziata fa male anche al Nord, sarà presentato oggi alle 17 a Firenze a Palazzo Strozzi Sacrati, sede della Regione Toscana. Ne discuteranno il governatore Eugenio Giani, Sara Funaro, sindaca di Firenze, Gianna Fracassi, segretaria Flc Cgil e Vannino Chiti già ministro e senatore Pd, moderati da Cristina Privitera, vicedirettrice de "La Nazione". L’economista pone al centro la "questione settentrionale" che in Italia "esiste, anzi si aggrava da almeno due decenni" al punto da suggerire come più consona la definizione di "secessione degli impoveriti".

Perché l’Autonomia inciderebbe negativamente nell’economia del Nord?

"Nei primi 20 anni del secolo, Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia in termini di reddito pro-capite (non di Pil regionale aggregato, ossia comprensivo della crescita della popolazione residente), hanno fatto peggio di molte regioni del Sud. L’Autonomia differenziata, nella versione estrema, di fatto separatista, declinata dalla Lega aggrava la questione settentrionale. Con la versione consentita dalla scriteriata riscrittura dell’articolo 116, terzo comma della Costituzione, promossa dalla legge Calderoli e messa nera su bianco, in bozze di Intesa a validità confermata, dalla ex ministra Stefani (governo Conte I) con i presidenti Zaia, Fontana e Bonaccini, le regioni si prenderebbero tutte o quasi le 23 materie disponibili, oltre 500 funzioni, senza alcun legame con specificità territoriali (geografiche, storiche, culturali, linguistiche), come almeno inizialmente fu per le regioni a Statuto speciale. E senza alcuna valutazione in termini di efficienza della frammentazione di attività di primaria rilevanza economica".

E per quanto riguarda le relazioni con Europa e estero?

"Siamo in una fase storica in cui è tornato protagonista, anche nella politica economica, lo Stato nazionale. Qualche giorno fa il più grande produttore mondiale di semiconduttori di Taiwan ha fatto un investimento di 5 o 6 miliardi in Sassonia, ma la condizione è stata che il governo federale ne mettesse altri 5. Tali risorse non le ha messe un Land tedesco, le ha messe lo Stato. Un esempio molto indicativo di come le imprese competono anche con il sostegno degli Stati nazionali, quindi un’Italia che si frantuma in tanti staterelli indebolisce anche il Nord.

Con quali ricadute economiche?

"Se la versione leghista dell’Autonomia differenziata fosse stata in vigore nel 2020, il presidente del Consiglio non avrebbe potuto negoziare a Bruxelles il Pnrr perché l’80% delle risorse vanno su materie la cui competenza esclusiva delegata sarebbe stata attribuita alle regioni in un contesto che ci farebbe diventare l’unico Stato federale al mondo senza una Camera delle Autonomie Territoriali per raccordare i livelli istituzionali. Senza dimenticare i contraccolpi dell’escalation di carichi burocratici per le imprese: si moltiplicheranno per 21 (19 regioni + 2 province autonome) le normative da applicare per chi produce o vende in più regioni. Saranno colpite dall’inevitabile dumping regolativo e salariale interno".