Bologna, 19 novembre 2024 – Alla vigilia di questa tornata di Regionali la previsione era di un 3-0 per il centrosinistra, ma le urne hanno restituito una realtà leggermente diversa: questi risultati cosa insegnano al Pd?
“La realtà è che in questo momento la destra, dove governa, fa fatica a essere confermata – sottolinea l’europarlamentare dem ed ex presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini –. Capitola in Umbria, dopo aver perso Perugia pochi mesi fa, e vince a stento in Liguria. Mentre in Emilia-Romagna pagano un prezzo ancor più salato: hanno fatto sciacallaggio sulle alluvioni, provando a colpire la Regione e senza dare risposte ai cittadini rispetto agli indennizzi e alla ricostruzione. Lo spettacolo indecoroso dell’ultima settimana, poi, tra zecche rosse e comunisti, non ha portato bene”.
Il campo largo è ancora possibile o è necessario scegliere tra Renzi e i Cinque stelle?
“In Emilia-Romagna e in Umbria, uniti, abbiamo vinto; mentre in Liguria, divisi, abbiamo regalato alla destra un vantaggio che non meritava. Quello che ci chiedono i nostri elettori è unità e concretezza. Non si possono denunciare i danni prodotti dalla destra e dal sovranismo e poi dividersi nella competizione. È evidente che gli accordi si fanno sui programmi: non a caso Michele de Pascale e Stefania Proietti hanno avanzato proposte concrete su sanità, prevenzione del dissesto idrogeologico, lavoro di qualità. Su questo terreno la sintesi non solo è possibile, ma anche vincente. E questo è il tempo di unire, non quello di dividere”.
Quale è stato l’ingrediente che ha permesso a de Pascale di vincere con così tanto margine in Emilia-Romagna?
“Un progetto con al centro la sanità pubblica e la messa in sicurezza del territorio. Portato avanti da un candidato preparato e sostenuto da uno schieramento molto largo e aperto al civismo, cosa per cui ringrazio il segretario regionale del Pd, Luigi Tosiani. La destra ha fatto la caricatura di questa regione, dipingendola come un disastro, noi abbiamo parlato all’orgoglio degli emiliano-romagnoli affrontando però i problemi”.
Ancora una volta Bologna ha fatto da traino.
“La destra si era illusa di poter lucrare sull’alluvione. L’effetto è stato esattamente l’opposto: gli elettori hanno punito questo approccio cinico e strumentale sia in Romagna che a Bologna”.
Il dato dell’astensione ha colpito duro, soprattutto sulla via Emilia: c’è un motivo dominante rispetto ad altri?
“Dentro un problema più generale di disaffezione, stavolta è quasi mancata la competizione: la destra si è nascosta dietro una candidata civica e Giorgia Meloni si è tenuta lontana proprio per non abbracciare una sconfitta pesante. Aggiungo altri due aspetti, in parte collegati: votare in un anno in sette regioni in ben sei date differenti è surreale, non si riesce neppure a comunicare quando ci saranno le elezioni. La copertura dei media nazionali è stata quasi nulla e molti cittadini non sanno neppure che ci sono state le elezioni”.