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La 66enne Ursula von der Leyen ricopre il ruolo di presidente della Commissione Ue
Nessuno tocchi Mattarella. Il coro della politica è unanime, anche se non tutti toccano le stesse corde. Giorgia Meloni va giù netta: "Gli insulti della portavoce del ministero degli Esteri russo offendono l’intera Nazione. Esprimo la piena solidarietà, così come quella del governo, al presidente Mattarella, che da sempre sostiene con fermezza la condanna dell’aggressione perpetrata ai danni dell’Ucraina". Lo stesso fa Elly Schlein che parla di "comunità democratica che si riconosce pienamente nelle parole e nell’azione del capo dello Stato". Si schiera al suo fianco, senza dare spazio al fronte del Pd che non condivide la politica di totale sostegno a Zelensky. Non a caso, Giuseppe Conte dà il suo appoggio all’inquilino del Quirinale per "gli attacchi intollerabili", senza soffermarsi sulle ragioni dell’affondo di Mosca. Entusiasticamente dalla parte del presidente, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, tra i primi a replicare: "Rinnovo, anche a nome di Forza Italia, la piena fiducia nell’operato del capo dello Stato, riconosciuto da tutti un autorevole uomo di pace". Dietro a lui, i presidenti di Senato, Ignazio La Russa, e Camera, Lorenzo Fontana, che giudicano "inopportune e fuori luogo" le dichiarazioni di Maria Zakharova. Solidarizza anche la Lega, a modo suo. E cioè molte ore dopo il j’accuse e senza che Matteo Salvini ci metta il cappello: il distinguo non potrebbe essere più chiaro. "Chi delegittima Mattarella colpisce l’intero paese", dice Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia. "Da lui – gli fa eco Marco Centinaio – sempre parole di pace".
Il Colle è soddisfatto: ha incassato un sostegno forte. La risposta delle istituzioni è stata compatta. Soprattutto, le parole della premier consolidano il rapporto tra Mattarella e Palazzo Chigi: alla prova dei fatti, davanti ad un attacco frontale, è scesa in campo personalmente e non era "scontato", fa notare chi frequenta i corridoi del Quirinale. L’incidente russo però moltiplica le difficoltà con le quali già deve vedersela Giorgia Meloni, all’origine del prolungato silenzio degli ultimi giorni. Il progetto di collocarsi a metà strada tra Washington e Bruxelles, amica cioè di tutti e quindi in grado di mantenere aperto un canale di comunicazione per tutti si sta rivelando di giorno in giorno più complicato.
Il 3 febbraio al Consiglio europeo si era opposta alla linea dura proposta da Macron: "Trump è un negoziatore bisogna evitare il muro contro muro". In meno di due settimane, la situazione è cambiata al punto da costringere la presidente italiana ad assicurare all’amica Ursula von der Leyen che nella guerra dei dazi, se non si riuscirà ad evitare, l’Italia ci sarà e non spaccherà il fronte europeo. Il capitolo spese per la difesa, uno dei più spinosi, è almeno in parte attutito dal raggiungimento di uno degli obiettivi del governo: l’aumento di spesa ci sarà, ma non sarà conteggiato nelle regole di bilancio europee. Il guaio grosso è l’Ucraina: il muro contro muro c’è già, come conferman von der Leyen: "Il popolo ucraino deve avere una pace giusta e duratura".
È la posizione che Meloni sostiene dallo scoppio della guerra: una brusca giravolta è fuori discussione. Di qui, la scelta di parlare esplicitamente dell’Ucraina schierandosi a fianco del capo dello Stato. Per mettere un tappo a certi rumors arriva la telefonata con Zelensky in cui è stata sottolineata "l’importanza di mantenere uno stretto coordinamento con i partner europei e gli Stati Uniti per una pace giusta e duratura", spiegano a Palazzo Chigi. E l’Europa, chiosa il presidente ucraino, "deve partecipare a pieno titolo ai negoziati". L’imperativo della premier resta quello di non rompere con Trump. Perciò l’Italia non ha protestato per il mancato coinvolgimento dello stesso Zelensky nelle trattative di Trump. Del resto, i toni che circolano tra i dirigenti di FdI sono ben diversi da quelli usati in questi tre anni: "Bizzarro che l’Unione europea si preoccupi perché Trump vuole fare la pace", il refrain. Ma la premier è altrettanto decisa a non rompere neanche con Bruxelles e Ursula. Missione forse non proprio impossibile ma quasi.