Sabato 12 Aprile 2025
ANTONELLA COPPARI
Politica

Soldati europei in Ucraina. I paletti del governo:: "Solo insieme all’Onu"

L’esecutivo italiano frena sulla proposta di peacekeeping di Macron. Ma Salvini si oppone anche all’opzione sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, 71 anni, con la premier Giorgia Meloni (48)

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, 71 anni, con la premier Giorgia Meloni (48)

Per ora sono solo suggestioni, ipotesi, oltretutto piuttosto vaghe. Ma bastano per creare problemi difficilmente sormontabili in Europa come in Italia. Macron nel colloquio con Trump ha ipotizzato l’invio di 30mila soldati europei per una missione, al momento puramente virtuale, di peacekeeping in Ucraina. Inevitabilmente, il tema sarà sul tavolo nella serie di incontri che attendono la premier italiana: oggi la video conferenza convocata dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, per ascoltare la relazione di Macron sull’incontro con il presidente americano, appuntamento che a Giorgia Meloni non fa particolarmente piacere, data la centralità del francese. Domenica il summit a Londra con l’ipotesi di un fondo comune Ue-UK per la difesa; nel frattempo ci sarà stato l’incontro di Keir Starmer con the Donald e dunque il problema delle truppe di interposizione rispunterà. Meloni spera in un faccia a faccia con il primo ministro britannico, ma il nodo emergerà comunque in tutte le sue sfaccettature il 6 marzo, al consiglio straordinario di Bruxelles.

In tutte queste occasioni l’Italia ribadirà la sua indisponibilità a mandare soldati in Ucraina. Da Palazzo Chigi filtra irritazione per l’idea di Macron: "L’invio di truppe italiane non è mai stato all’ordine del giorno". Una bocciatura confermata dal sottosegretario all’attuazione del programma, Giovanbattista Fazzolari, e dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani: "Per l’Italia l’ipotesi francese non è la più efficace", dice l’uomo di fiducia di Giorgia. Forse ancora più perentorio il vicepremier forzista: "Io non credo che sia utile inviare in Ucraina truppe europee o della Nato". La motivazione ufficiale, non peregrina, è che interporre 30mila soldati quando si fronteggiano un milione e passa di persone avrebbe poco senso. "Non vedo bene quale sia la forza di interposizione tra questi due eserciti tanto numerosi", spiega Fazzolari. Diverso il discorso nel caso di una missione Onu: ai piani alti di Palazzo Chigi sarebbero pronti a ragionarne. "Se si deve fare una zona cuscinetto bisogna mandare delle truppe sotto la bandiera delle Nazioni Unite con una decisione del Consiglio di sicurezza (di cui la Russia fa parte, ndr). Nel caso ci sarebbe la disponibilità italiana", avvertono Tajani e Fazzolari. A Matteo Salvini non andrebbe bene neppure questa opzione: "Abbiamo già migliaia di soldati italiani in giro per il mondo, prima di mandarne altri sarei molto cauto".

Ma il problema al momento è virtuale, inutile azzuffarsi troppo: "Non se n’è mai parlato", dicono nel giro governativo. L’eventuale forza di peacekeeping non è l’unica grana. Nella riunione del G7 Meloni ha confermato quella che sembra essere diventata la posizione ufficiale dell’Unione europea: pace giusta e duratura. Che dovrebbe uscire da una trattativa a quattro, come sottolinea Tajani: "Ue, Usa, Russia e Kiev siano al tavolo". Tant’è: cosa si intenda per pace giusta non è chiaro, in compenso è evidente che per renderla duratura servono quelle che la premier definisce garanzie di sicurezza. Il nodo sono proprio quelle garanzie: nella Commissione europea qualcuno – Kaja Kallas, Alto rappresentante Ue per la politica estera – continua a ipotizzare un ingresso dell’Ucraina nella Nato; ne parla in Italia anche Fazzolari. "Sarebbe l’opzione di sicurezza più solida per Kiev". L’idea è in realtà del tutto irrealistica. Per la Russia sarebbe inaccettabile e Putin lo ha sottolineato innumerevoli volte. Sarebbe una garanzia sì, ma non di pace bensì di guerra.

In ogni caso il problema non si porrà: ci vorrebbe l’unanimità e Trump si è detto contrario. Così nei pourparler degli ultimi giorni è spuntata un’altra ipotesi: l’Ucraina non entrerebbe nella Nato, però beneficerebbe delle tutele dell’articolo 5 dell’alleanza, che impegna tutti a mobilitarsi nel caso che uno dei Paesi fosse aggredito. Insomma nessuna base Nato alle porte della Russia, ma l’impegno a entrare in guerra per un’eventuale nuova invasione. Come ipotesi è meno irrealistica dell’ingresso nella Nato, ma di difficoltà ne creerebbe a iosa anche questa.